Tribunale di Salerno, Sezione I Civile, Sentenza 19 maggio 2006
REPUBBLICA ITALIANA In nome del popolo italiano Il TRIBUNALE di SALERNO, I sezione civile, in persona del signor dott. Antonio Scarpa Giudice ha pronunciato all’udienza del giorno 19 maggio 2006 […]
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano
Il TRIBUNALE di SALERNO,
I sezione civile,
in persona del signor dott. Antonio Scarpa Giudice
ha pronunciato all’udienza del giorno 19 maggio 2006 la seguente
SENTENZA
nella causa n. 740/05 R.G. in materia di locazione, vertente tra
L. S., rappresentato dal difensore Avvocato B. Angrisano
attore
e
G. T., rappresentato dal difensore Avv. D Colucci
convenuto
Fatto e Diritto
L. S. ha intimato per l’udienza dell’11 marzo 2005 sfratto per finita locazione alla scadenza del 31 dicembre 2004 nei confronti di G. T. in relazione all’immobile sito in Salerno, Via A. I., n. 35, immobile oggetto di contratto del 28 dicembre 1999, decorrente dal 1° gennaio 2000, concluso per la durata di 3 + 2 anni ai sensi dell’art. 2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 e dell’accordo territoriale per il Comune di Salerno del 4 agosto 1999. Deduce l’attore che, al termine del periodo di proroga biennale, con raccomandata del 20 febbraio 2004, ha inviato disdetta, denunciando la propria intenzione di non rinnovare il contratto alle medesime condizioni, e successivamente spiegando, con altra raccomandata del 1° giugno 2004, di non essere disponibile a stipulare nuovo contratto ai sensi dell’art. 2, comma 3, l. n. 431/1998. G. T., costituitosi, contestava la mancata allegazione dell’accordo territoriale al contratto, nonché il pagamento del canone nell’importo di euro 447,00, superiore all’importo di euro 413,17 previsto in euro 413,17; ad avviso dell’intimato, anche la proposta dello L. S. di stipulare nuovo contratto a canone libero deporrebbe per l’estraneità del rapporto al cosiddetto modello alternativo. Di conseguenza, il G. T. concludeva per l’individuazione della scadenza secondo il modello ordinario al 31 dicembre 2007. Concessa dal Giudice inizialmente designato per questo giudizio l’ordinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c., e disposto il mutamento del rito, G. T., con comparsa depositata all’udienza del 17 febbraio 2006 ha proposto riconvenzionale per la restituzione del deposito cauzionale, nonché delle spese sostenute per la manutenzione straordinaria dell’immobile locato. La causa è stata decisa all’udienza del 19 maggio 2006 mediante lettura del dispositivo e contestuale deposito della motivazione.
Si noti, pregiudizialmente, che l’opposizione dell’intimato, di cui all’art. 665 c.p.c. determina, senza che occorra all’uopo un provvedimento del giudice, la conclusione del procedimento di convalida a carattere sommario, e l’instaurazione di un nuovo ed autonomo processo con rito e cognizione ordinari, in cui non si discute più di accoglimento o di rigetto della domanda di convalida e che si conclude con la pronuncia di una normale sentenza di condanna del conduttore al rilascio dell’immobile locato, se la domanda del locatore viene accolta, ovvero di accertamento negativo del diritto al rilascio, se la domanda è, invece, rigettata.
Per iniziare, le riconvenzionali proposte da G. T. nella memoria di costituzione all’udienza del 17 febbraio 2006 sono inammissibili. Infatti, nel procedimento per convalida di sfratto, nel quale sia stata proposta opposizione, il momento di preclusione della proposizione della domanda riconvenzionale dell’intimato deve identificarsi non con il deposito della comparsa di risposta ai sensi dell’art. 660, comma 5, c.p.c., ma con il deposito della memoria integrativa successiva all’ordinanza ex art. 426 c.p.c. dispositiva della prosecuzione del giudizio secondo le regole della cognizione piena, memoria per la quale il giudice aveva concesso termine fino al 30 giugno 2005 (così, da ultimo, Cassazione civile, sez. III, 30 giugno 2005, n. 13963). Peraltro il convenuto, nel formulare la sua domanda riconvenzionale, deve pure richiedere, ai sensi dell’art. 418 comma 1 c.p.c., che il giudice adito fissi una nuova udienza di discussione. Tale necessità non sarebbe esistita soltanto laddove il conduttore convenuto nel giudizio di sfratto avesse già in quella fase spiegato domanda riconvenzionale, ovvero prima che venisse disposta la trasformazione del rito a norma dell’art. 426 c.p.c., giacché l’udienza di discussione fissata ai sensi di quest’ultimo articolo avrebbe così già consentito di realizzare le esigenze, sottese alla richiesta del convenuto, volte ad assicurare la regolarità del contraddittorio e la possibilità per l’attore di svolgere le proprie difese.
Venendo al merito, nessun dubbio sussiste poi che il contratto del 28 dicembre 1999 fosse riconducile al modello alternativo predisposto dall’art. 2, co. 3°, della l. n. 431/1998, modello che, com’è noto, si sostanzia in una durata per legge non inferiore a tre anni, con proroga di diritto biennale alla prima scadenza, ove le parti non concordino sul rinnovo per minimo altri tre anni, e sempre che il locatore non intenda utilmente avvalersi della facoltà di disdetta per adibire l’immobile agli usi o effettuare le opere di cui all’art. 3, ovvero vendere l’immobile alle condizioni e con le modalità di cui al medesimo art. 3. Alla scadenza della proroga biennale, le parti possono, dunque, attivare il procedimento per il rinnovo o per la rinuncia al rinnovo, mediante comunicazione con lettera raccomandata inviata almeno sei mesi prima dell’esaurimento del biennio, come fatto dallo L. S. con la raccomandata comunicata il 6 marzo 2004, in cui si annunciava l’intenzione di non voler rinnovare il contratto alle stesse condizioni. Non è qui ribadito, come invece nel co. 1° dell’art. 2, che la parte interpellata debba rispondere a sua volta entro sessanta giorni dalla ricezione. In mancanza, infine, della comunicazione, il contratto si rinnova tacitamente alle medesime condizioni (ivi compresa la necessità di disdetta alle successive scadenze) per ulteriori tre anni.
Il valore del canone e l’ulteriore contenuto negoziale del contratto corrente dalle parti risultano determinati sulla base di quanto stabilito in apposito accordo locale per il Comune di Salerno stipulato il 4 agosto 1999 tra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative. Per favorire la realizzazione degli accordi in sede locale, infatti, le organizzazioni di categoria sono chiamate dall’art. 4 e dall’art. 4 bis (introdotto dalla l. 8 gennaio 2002, n. 2), l. n. 431/1998, a concludere una convenzione nazionale che approvi i tipi di contratto ed individui i criteri generali per la definizione dei canoni (nell’ambito di fasce di oscillazione che tengono conto della tipologia e delle condizioni dell’immobile) e di altri elementi, poi indicati in apposito decreto del Ministro dei lavori pubblici (ora delle Infrastrutture e dei Trasporti). Pertanto, dopo le modifiche all’originario impianto apportate nel 2002, la definizione dei contratti tipo (relativa non solo al modello primario alternativo, ma pure alle locazioni transitorie e per studenti universitari) non è più rimessa agli accordi in sede locale tra le associazioni di categoria, ma diviene prerogativa centralizzata della Convenzione nazionale frutto del lavoro della commissione tra proprietari ed inquilini convocata ogni tre anni. Stando al co.2° dell’art. 4 bis, tuttavia, i tipi di contratto approvati in sede di Convenzione nazionale possono pure indicare scelte alternative in relazione a specifici aspetti del rapporto (con riferimento particolare ai criteri di misurazione delle superfici degli immobili, da definire poi tuttora negli accordi locali.
Il convenuto intimato deduce una difformità tra contratto individuale e contratti tipo, tale da portare il rapporto fuori dalla previsione del co. 3° dell’art. 2 (contratti alternativi), per farlo rientrare nel 1° co. dello stesso articolo. I commi 3° e 4° dell’art. 13 l n. 431/1998, peraltro, prospettano in termini di nullità le difformità delle pattuizioni individuali che deroghino ai limiti minimi di durata o agli importi massimi di canone fissati negli accordi collettivi locali; sicché in questi stessi limitati casi il conduttore può richiedere al Tribunale di ricondurre il contratto a condizioni conformi a quelle stabilite dalla contrattazione collettiva a norma dell’art. 13, co. 5°, l n. 431/1998. Nessuno però degli elementi di qualificazione indicati dal G. T. (mancata allegazione dell’accordo territoriale, importo del canone, comportamento del locatore in occasione delle trattative per il rinnovo) valgono ad estraniare il contratto per cui è lite dalla cornice posta dall’art. 2, comma 3, l. n. 431/1998; di tal ché correttamente l’attore individua la scadenza del rapporto al termine della proroga biennale, ovvero al 31 dicembre 2004.
Quanto alla regolamentazione delle le spese processuali sostenute, si provvede condannandosi il convenuto a rimborsare l’attore secondo soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale di Salerno I sezione civile, definitivamente pronunziando sulla domanda proposta da L. S. nei confronti di G. T., nonché sulle domande riconvenzionali proposte da G. T.,
accoglie la domanda proposta da L. S. nei confronti di G. T., e dichiara risolto per finita locazione alla scadenza del dicembre 2004 il rapporto di locazione instaurato con contratto del 28 dicembre 1999, condannando G. T. al rilascio dell’immobile locato, e confermando il termine di esecuzione ex art. 56, l. n. 392/1978 già fissato con ordinanza del 14 marzo 2005;
dichiara inammissibili le domande riconvenzionali proposte da G. T.;
condanna G. T. a rimborsare a L. S. le spese processuali sostenute, che liquida in euro 100,00 per esborsi, euro 674,00 per diritti ed euro 900,00 per onorari, oltre Iva e contr. cassa prev., con distrazione in favore del difensore ex art. 93 c.p.c.
Salerno, 19 maggio 2006