Sentenza 307 del 2010
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI PESCARA in composizione monocratica, ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile in I grado, iscritta al n. 4423/09 del […]
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI PESCARA
in composizione monocratica, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa civile in I grado, iscritta al n. 4423/09 del Ruolo Generale, discussa ex art. 429 c.p.c. all’odierna udienza del 4.3.2010, promossa da:
ORM, residente in Pescara (Avv. BM).
- ricorrente -
CONTRO
DAM, residente in Pescara (Avv. PM).
- resistente -
OGGETTO: rapporto di locazione di immobile ad uso abitativo.
CONCLUSIONI
Alla odierna udienza di discussione orale le parti hanno discusso e concluso come da processo verbale di udienza (da intendersi qui integralmente richiamato e ritrascritto).
FATTO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Il 6iudice,
all’esito della odierna udienza di discussione e della successiva camera di consiglio;
esaminate le risultanze processuali e documentali in atti, osserva- nella forma concisa voluta dalla riforma degli artt. 132Cpc/118 disp. Att. Cpc di cui alla legge n. 69/2009, direttamente applicabile alla fattispecie- quanto segue.
1. Premesso in fatto che: a) con contratto del 1.1.2005 la ricorrente concesse in locazione abitativa alla resistente (sino al 31.12.2008, salvo rinnovo ex L. n. 431/98) l’immobile di sua proprietà sito in Pescara…; b) con raccomandata del 25.6.2008 la ricorrente diede formale disdetta ai sensi dell’art. 3 comma II L. n. 431/98, motivandola con la necessità di ospitare nell’immobile in oggetto (sito nello stabile in cui la ricorrente abita altro appartamento, sempre di sua proprietà) suo marito DAT (attualmente residente in Montesilvano e separato di fatto dalla coniuge), per prestargli assistenza e cure; c) a fronte del rifiuto della conduttrice di rilasciare l’immobile, la ricorrente- con atto del 18.5.09- le ha intimato sfratto per finita locazione; d) la conduttrice- nell’opporsi allo sfratto- ha dedotto la mancanza- nella specie- dei presupposti del diniego di rinnovo del contratto, per le ragioni (che di seguito si esamineranno) di cui alla relativa comparsa di risposta; e) il processo- dopo il mutamento del rito e l’espletamento di istruttoria orale- giunge alla odierna decisione.
2. Osservato in diritto- in relazione alla fatti specie di cui è causa- che:
• In tema di locazione di immobili adibiti ad uso abitativo (quale quella controversa), il locatore che (come nella specie) agisce per far valere la facoltà di diniego di rinnovo del contratto di cui all’art. 3 della legge 9 dicembre 1998, n. 431 ha l’onere di provare la serietà della dedotta intenzione di disporre dell’immobile per uno degli usi previsti dalla norma citata e, pertanto, deve provare la realizzabilità tecnica e giuridica di tale intento senza, tuttavia, doverne dimostrare anche la concreta ed effettiva realizzazione (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 977 del 21/0112010).
• Il fatto volontario che preclude al locatore la possibilità di far valere la propria necessità abitativa come motivo di recesso è costituito soltanto dal comportamento maliziosamente preordinato a creare uno stato di necessità. Pertanto, al di fuori di tale ipotesi, il locatore può agire liberamente, ogni qual volta si presentino particolari esigenze di carattere economico o personale che appaiano, in base ad un’equa valutazione, meritevoli di protezione secondo la comune esperienza e nel normale svolgimento dei rapporti familiari, umani e giuridici (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 26526 del 17112/2009).
• Il relativo accertamento va compiuto prescindendo dalla valutazione comparativa con le esigenze del conduttore e senza poter pretendere giustificazioni di ordine economico e sociale che limiterebbero la libertà di scelta di ogni cittadino (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 26526 del 17112/2009: nella specie è stato ritenuto irrilevante che la locatrice fosse proprietaria di numerosi altri immobili, come risultava dalle certificazioni della Conservatoria dei Registri Immobiliari prodotte).
• Al riguardo, si precisa, la necessità (non più caratterizzata dai connotati della urgenza e della improrogabilità, come richiesto dalla previgente disciplina vincolistica: L. n. 253 del 1950, art. 4) deve intendersi in senso relativo e non assoluto, corrispondente ad una apprezzabile esigenza del soggetto per il quale viene invocata, esigenza che il giudice del merito deve apprezzare attraverso la valutazione degli elementi all’uopo offerti dal locatore, a prescindere da qualsiasi processo alle intenzioni, atteso che il conduttore è tutelato essenzialmente attraverso la possibilità di agire per il ripristino del contratto e per il risarcimento del danno, ove il locatore non adibisca l’immobile all’uso per il quale ha ottenuto il rilascio (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 26526 del 17/12/2009 in motivazione).
• Il diniego di rinnovo di cui all’art. 3 della legge n. 431 (al pari dell’analogo istituto di cui all’art. 27 legge n. 392/78) presuppone l’intenzione (e non già la necessità) del locatore di disporre dell’immobile per uno degli usi previsti dalla norma (Cass. N. 977/2010). L’intenzione deve essere seria, cioè realizza bile giuridicamente e tecnicamente, ma il relativo accertamento non deve essere spinto, con un aggravamento dell’onere probatorio, non previsto dalla legge, fino alla dimostrazione “in concreto” della realizzazione di quell’intento (Cass. N. 977/2010 in motivazione; Cass. 15075/2000). In ogni caso, l’intenzione del locatore risulta insindacabile nel suo contenuto di merito, in ordine al quale il giudice non può interferire sulla circostanza che la divisata destinazione non sarebbe positiva per il locatore, comportando ad esempio un aggravio di spese Cass. N. 977/2010 in motivazione; Cass. N. 5413/1993).Non è quindi necessario che egli fornisca la prova dell’effettiva necessità di destinare l’immobile ad abitazione propria o di un proprio familiare, ma è sufficiente una semplice manifestazione di volontà in tal senso, fermo restando il diritto del conduttore al ripristino del rapporto di locazione alle medesime condizioni di cui al contratto disdettato o, in alternativa, al risarcimento di cui al comma 3 del citato art. 3, nell’eventualità in cui il locatore non abbia adibito l’immobile all’uso dichiarato nell’atto di diniego del rinnovo nel termine di dodici mesi della data in cui ne abbia riacquistato la disponibilità (Cass. Sez. 3, sentenza n. 25808 del 10112/2009).
3.Rilevata nella specie, alla luce della considerazione comparata dei superiori principi di diritto e delle risultanze processuali acquisite- la infondatezza della opposizione allo sfratto per finita locazione proposta dalla DAM contro la ORM in quanto:
• La locatrice ha motivato il diniego di rinnovo del contratto assumendo la necessità di adibire l’immobile locato a nuova casa di abitazione del proprio marito DAT, di anni 75 (oggi residente in altro Comune), il tutto al fine di potergli prestare assistenza e cura. La necessità di assistenza e di cura nei confronti del DAT non è stata contestata dalla resistente, la quale anzi-sul presupposto di detta necessità – ha sottolineato che la stessa potrebbe essere meglio soddisfatta se la locatrice ospitasse il DAT in casa propria (ove ella abita) piuttosto che in altro appartamento dello stesso edificio.
• Inoltre, la utilità di un riavvicinamento del DAT alla propria moglie per dette necessità è stata confermata da quest’ultimo sia in sede stragiudizia1e (cfr. la dichiarazione scritta del 14.10.09), sia nella testimonianza resa all’udienza del 27.10.09.
• Dalla pacifica, pregressa e persistente “separazione di fatto” dei due coniugi (ORM e DAT) deriva la assoluta plausibilità (ed insindacabilità giudiziale) della scelta dei medesimi- pur a fronte della condivisa necessità di riavvicinarsi per motivi di salute e di cura- di non tornare a condividere lo stesso “tetto” (ossia l’appartamento di proprietà della ricorrente, da questa abitato e sito nello stesso stabile in cui si trova l’immobile locato alla resistente).
• La esistenza- nel predetto stabile- di altro appartamento di proprietà della ricorrente risultato- alla luce del thema decidendum ritualmente versato in atti- libero da persone e cose, non inficia di per sé (come detto) la serietà della intenzione della ricorrente (necessaria e sufficiente ai sensi dell’art. 3 comma II L. n. 431/98) di destinare l’appartamento oggetto della locazione alla resistente a futura casa di abitazione del DAT (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 977 del 21/0112010 citata; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 26526 del 17112/2009 citata).
• Si intende dire che è legittima, non sindacabile dall’autorità giudiziaria (nel suo contenuto di merito quivi contestato dalla resistente) e realizzabile giuridicamente e tecnicamente la scelta della proprietaria (confermata dalla istruttoria esperita e- come detto- non contestata dalla controparte) di destinare l’appartamento de quo (piuttosto che altro appartamento sito nello stesso immobile) a nuova abitazione del marito. Soltanto la futura eventuale omissione- da parte della proprietaria- di tale destinazione potrebbe attribuire alla conduttrice il diritto al ripristino del rapporto di locazione alle medesime condizioni di cui al contratto disdettato o, in alternativa, al risarcimento di cui al comma 3 del citato art. 3(Cass. Sez. 3, sentenza n. 25808 del 10/12/2009).
Ritenuto quindi che la spiegata opposizione è infondata e che le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale di Pescara, in persona del Giudice Unico, definitivamente pronunciando nel giudizio iscritto al n. 4423/09, così decide:
RIGETTA
Perché infondata la opposizione spiegata da DAM allo sfratto per finita locazione di cui è causa, notificatole da ORM.
Per l’effetto
ORDINA
A DAM il rilascio in favore della ricorrente dell’immobile di cui è causa, libero da persone e cose, entro 30 giorni dalla data odierna.
CONDANNA
DAM al pagamento in favore della ricorrente delle spese dell’intero giudizio che liquida in € [66,00 per diritti, € 198,00 per onorari, € 55,00 per spese, oltre accessori ex T.F., I.V.A. e C.P.A. come per legge.
Pescara, 4.3.2010
Il Giudice