REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente
Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere
Dott. BERNABAI Renato – Consigliere
Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23245-2010 proposto da:(OMISSIS) ((OMISSIS)) (OMISSIS) ((OMISSIS)) (OMISSIS) ((OMISSIS)), (OMISSIS) ((OMISSIS)), (OMISSIS) ((OMISSIS)), (OMISSIS) ((OMISSIS)) elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta procura in calce all’atto di citazione;
- ricorrenti -
contro
(OMISSIS) SPA (OMISSIS), in persona del suo Presidente del Consiglio di Amministrazione ed Amministratore delegato, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta mandato a margine della memoria difensiva;
- resistente -
avverso la sentenza n. 7638/2010 del TRIBUNALE di NAPOLI del 9/06/2010, depositata il 05/07/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/01/2012 dal Consigliere Relatore Dott. VITTORIO RAGONESI;
e’ presente il P.G. in persona del Dott. RAFFAELE CENICCOLA.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato alla (OMISSIS) s.p.a. in data 29 gennaio 2010, (OMISSIS) oltre agli altri odierni ricorrenti riportati in epigrafe hanno dedotto che: 1) (OMISSIS) era nudo proprietario di 369.280 azioni ordinarie della societa’ convenuta, gravate da usufrutto in favore di (OMISSIS), la’ dove (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) erano nude proprietarie ciascuna di n. 48.166 azioni ordinarie della societa’, pari complessivamente al 5,001% del capitale sociale, anch’esse gravate da usufrutto in favore dell’ing. (OMISSIS); 2) con Delib. del 29 dicembre 2009 l’assemblea straordinaria della (OMISSIS) aveva deliberato a maggioranza, assenti gli impugnanti:a) di azzerare tutte le perdite, pari a euro 1.003.251,89, mediante l’integrale utilizzo delle “riserva utili investiti” per euro 219.494,18, l’integrale utilizzo della “riserva fondo contributi” per euro 435.578,00 ed il parziale utilizzo della “riserva di rivalutazione Legge n. 413 del 1991″ per euro 348.179,44; b) di aumentare gratuitamente il capitale sociale da euro 1.502.800,00 ad euro 2.023.000,00, mediante imputazione di parte della riserva disponibile “riserva di rivalutazione”; c) di aumentare a pagamento, al valore nominale, il capitale sociale, nella misura di euro 1.011.500,00 mediante versamenti in danaro con emissione di euro 1.445.000 nuove azioni, ciascuna del valore nominale di euro 0,70, con termine al 10 febbraio 2010 per l’esercizio del diritto di opzione da parte dei soci e contestuale versamento dell’intero importo;Proseguivano gli attuali ricorrenti che la delibera era stata assunta in base ad un bilancio infrannuale al 30 settembre 2009, comprensivo di nota integrativa, approvato dal consiglio di amministrazione il 1 dicembre 2009 e corredato di relazione sulla gestione. Secondo i ricorrenti, la Delib. del 29 dicembre 2009 era invalida per le seguenti ragioni: a) – perche’ le deliberazioni in essa contenute erano state assunte da un’assemblea i cui atti preparatori, ossia la convocazione, la proposta di delibera, il bilancio straordinario, l’allegata relazione sulla gestione, erano stati compiuti da soggetti privi di cariche sociali; b) perche’ le deliberazioni in questione erano fondate su un bilancio infrannuale illecitamente redatto per plurime violazioni dei principi di chiarezza, verita’ e prudenza nonche’ degli altri principi generali in materia di bilancio; bilancio infrannuale al quale, peraltro, si erano propagati, in virtu’ del principio di continuita’ che ne ha presidiato la redazione, tutti i vizi che inficiavano il bilancio al 31 dicembre 2008, oggetto di autonoma impugnazione, tuttora pendente; c) perche’ le deliberazioni, nel ripianare le perdite, avevano illecitamente impiegato le c.d. riserve di rivalutazione monetaria; d) perche’ esse erano frutto di un disegno abusivo dei soci titolari della porzione di maggioranza del capitale, i quali avevano assunto la delibera al solo scopo di pregiudicare la posizione della parte minoritaria della compagine sociale.Instavano pertanto per la declaratoria di nullita’ della delibera assembleare in data 29/12/09 e domande conseguenti o subordinate. Si costituiva in giudizio la societa’ convenuta, che contestava le domande in fatto ed in diritto.Con sentenza n. 7638/2010 del 9/6/10-5/7/10 il Tribunale di Napoli, tenuto conto della clausola compromissoria ex articolo 37 dello statuto della societa’, riteneva la controversia rientrante nell’ambito di applicazione della suddetta clausola, concludendo per il “rigetto” delle domande sull’assunto che “la questione relativa alla sussistenza di un arbitrato e’ di merito e non di competenza “.Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per regolamento di competenza notificato in data 28/9/10 (OMISSIS) e gli altri ricorrenti di cui in epigrafe chiedendo che questa Corte dichiari la competenza del Tribunale di Napoli a decidere la causa n. 2958/2010 R.G., oggetto del presente giudizio.
La (OMISSIS) s.p.a. ha presentato una memoria, con la quale, dopo aver dedotto la improponibilita’ dell’istanza (trattandosi di sentenza appellabile), si conclude per il rigetto del ricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Il Procuratore generale, ai sensi dell’articolo 380 ter c.p.c., si e’ pronunciato per l’inammissibilita’ del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’istanza si deducono i seguenti motivi: 1) violazione dell’articolo 819-ter c.p.c., poiche’ “l’allegazione difensiva del convenuto che ha sostanziato l’eccezione di incompetenza in ragione della convenzione di arbitrato non contiene alcun riferimento al criterio di competenza infine selezionato”; 2) vizi motivazionali diretti a censurare l’assunto del tribunale secondo cui la delibera assembleare impugnata non avrebbe per oggetto diritti indisponibili, rimanendo cosi’ le relative questioni fuori dell’ambito di applicabilita’ della clausola compromissoria; 3) vizi motivazionali in ordine alla nullita’ delle delibere impugnate.Va premesso che, come risulta dalla comparsa di risposta, le cui conclusioni sono stare trascritte nella memoria difensiva della (OMISSIS) nonche’ dalle conclusioni riportate in sentenza,la resistente ha tempestivamente sollevato l’eccezione d’incompetenza del Tribunale di Napoli in ragione della clausola compromissoria. Cio’ posto,il presente giudizio innanzi al giudice ordinario, in cui e’ stata sollevata la questione di competenza e’ stato introdotto, come si desume dallo stesso provvedimento impugnato, dopo il 2 marzo 2006, sicche’ ad esso trova applicazione la disposizione di cui all’articolo 819 ter. A tale proposito le Sezioni Unite di questa Corte (Cass., S.U. n. 19047/10) hanno chiarito che, nell’ipotesi in cui la sentenza del giudice abbia risolto una questione di deferibilita’ della controversia agli arbitri, ma nessun procedimento arbitrale sia ancora iniziato, ne1 prima ne’ dopo il 2 marzo 2006, non puo’ trovare applicazione la norma transitoria di cui al Decreto Legislativo n. 40 del 2006, articolo 27, comma 4 (“Le disposizioni degli articoli 21, 22, 23, 24 e 25 si applicano ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato e’ stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto”), in quanto tale norma fa riferimento solo alla pendenza dei procedimenti arbitrali ma non anche all’ipotesi di pendenza di giudizio innanzi al giudice ordinario,ma operano i principi generali della perpetuano iurisdictionis e tempus regit actum (Cass 24082/10).In relazione a tali principi generali applicabili al caso di specie, e’ stato ritenuto che l’articolo 819 ter, la’ dove ha qualificato la questione in discorso come questione di competenza allorquando si pone dinanzi al Giudice, ha determinato ai sensi dell’articolo 5 c.p.c., un mutamento della legge regolatrice della disciplina della competenza. Da cio’ discende che la norma dell’articolo 819 ter c.p.c., trova applicazione nei giudizi introdotti dinanzi al Giudice con domanda a far tempo dal 2 marzo 2006 (data di entrata in vigore della norma), come avvenuto nel caso di specie, mentre non trova applicazione ai giudizi pendenti dinanzi al Giudice all’atto della sua entrata in vigore (Cass 21926/08).A tale proposito e’ stato ulteriormente osservato che “la conferma dell’applicabilita’ dell’articolo 819 ter c.p.c., solo ai giudizi iniziati dinanzi all’autorita’ giudiziaria dopo la sua entrata in vigore, del resto si coglie anche sulla base di altri elementi, che potrebbero essere decisivi in via autonoma il primo dei quali e’ che il legislatore delegato, nel Decreto Legislativo n. 40 del 2006, articolo 27, dedicato alle norme transitorie, ha ritenuto stranamente di dettare a proposito della norma dell’articolo 819 ter, una norma transitoria espressa che dispone l’applicabilita’ della norma che ha introdotto detto articolo (Decreto Legislativo articolo 23) ai procedimenti arbitrali iniziati successivamente all’entrata in vigore del Decreto Legislativo cioe’ al 2 marzo 2006 e, quindi, nella sostanza esclude che possa applicarsi a procedimenti arbitrali pendenti..” (Cass 21926/08). Chiarito quanto sopra in ordine alla applicabilita’ nel caso di specie dell’articolo 819 ter c.p., va rilevato che la ricorrente ha esattamente impugnato la sentenza considerandola come dichiarativa della incompetenza dell’A.G.O. e della sussistenza della competenza arbitrale, ancorche’ il Tribunale, abbia palesemente ignorato l’articolo 819-ter c.p.c. (applicabile, come detto, ratione temporis alla controversia, iniziata nella sua vigenza) e la qualificazione da esso introdotta del rapporto fra giurisdizione ordinaria e giurisdizione arbitrale nel senso della competenza, ed abbia conseguentemente dichiarato l’improponibilita’ della domanda facendo applicazione della normativa antecedente alla entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 40 del 2006 (Cass 17019/11). In tal caso infatti, la pronuncia dev’essere intesa come pronuncia declinatoria della competenza a favore degli arbitri ed e’ stata pertanto correttamente impugnata con il regolamento necessario di competenza (Cass 17019/11).Venendo ora all’accertamento della competenza,va rammentato che la competenza per materia si determina, ai sensi dell’articolo 10 c.p.c. (dettato per la competenza per valore ma esprimente un principio generale e, come tale, applicabile anche in riferimento agli altri tipi di competenza), con criterio “a priori”, secondo la prospettazione fornita dall’attore nella domanda. (Cass 1122/07).
Pertanto, nella individuazione dei criteri per affermare la competenza indicata dall’attore o per disattendere l’eccezione sollevata dal convenuto occorre prendere le mosse dalla prospettazione che lo stesso attore offre della propria domanda in tal guisa fornendo un quadro indicativo e non vincolante ma nondimeno rilevante ai fini della decisione del giudice del merito (che puo’ svolgere una istruzione sommaria) e della Corte regolatrice (che deve limitare il suo scrutinio agli atti). (Cass. 20718/09; Cass nn. 18040, 7586, 5125 e 1122 del 2007).
E le volte in cui la prospettazione sia non solo immune da sospetti di una pretestuosa preordinazione al fine di radicare una indebita competenza ma anche oggettivamente plausibile, non puo’ negarsi ad essa rilevanza decisiva al solo fine di individuare un regime giuridico o una qualificazione negoziale assunti a presupposti della scelta di radicare la lite innanzi ad un certo giudice (Cass. n. 8214 del 2009 e Cass n. 11415 del 2007, Cass. 4-8-2005 n. 16404, Cass. 26-9-1995 n. 10188).
Nel caso di specie, la prospettazione della nullita’ delle delibere assembleari per violazione di norme inderogabili appariva, al di la’ della sua fondatezza o meno, oggettivamente plausibile. Va a tale proposito premesso che nell’ambito dell’autonoma disciplina dell’invalidita’ delle deliberazioni dell’assemblea delle societa’ per azioni – nella quale, con inversione dei principi comuni (articoli 1418 e 1441 cod. civ.), la regola generale e’ quella dell’annullabilita’ (articolo 2377 cod. civ.) – la previsione della nullita’ e’ limitata ai soli casi, disciplinati dall’articolo 2379 cod. civ., di impossibilita’ o illiceita’ dell’oggetto, che ricorrono quando il contenuto della deliberazione contrasta con norme dettate a tutela degli interessi generali, che trascendono l’interesse del singolo socio, risultando dirette ad impedire deviazioni dallo scopo economico-pratico del rapporto di societa’ e investono in sostanza diritti indisponibili. (Cass 15721/05).
In particolare, perche’ l’interesse possa essere qualificato come “indisponibile” e’ necessario che la sua protezione sia assicurata mediante la predisposizione di norme inderogabili, la cui violazione determina una reazione dell’ordinamento svincolata da una qualsiasi iniziativa di parte, come, ad esempio, nel caso delle norme dirette a garantire la chiarezza e la precisione del bilancio di esercizio, la cui inosservanza rende la delibera di approvazione illecita e, quindi, nulla (Cass., sez. un., 21 febbraio 2000, n. 27; Cass 2 gennaio 2003, Cass n. 928, 29 aprile 2004, n. 8204; Cass 18600/11).
Nel caso di specie il dedotto mancato rivestimento di cariche sociali da parte del soggetto che ha convocato l’assemblea potrebbe astrattamente integrare gli estremi della violazione dell’articolo 2379 c.c., quindi, della nullita’ della conseguente delibera. Parimenti, la dedotta violazione dei principi di chiarezza o di veridicita’ e correttezza del bilancio potrebbe anch’essa dar luogo ad una nullita’ comportante la violazione di diritti indisponibili (Cass., sez. un., 21 febbraio 2000, n. 27/SU; 2 gennaio 2003, n. 928, 29 aprile 2004, n. 8204) cosi’ come la dedotta violazione delle regole in ordine all’azzeramento del capitale sociale ed alla sua ricostituzione avvalendosi, in violazione di un divieto di legge, di riserve sociali non utilizzabili a tal fine, puo’ astrattamente dar luogo a nullita’ per illiceita’ della delibera comportante la violazione di diritti inderogabili (v. Cass 8221/07). La prospettazione della domanda dei ricorrenti, a prescindere dalle problematiche ad essa sottostanti derivanti in parte anche dalla nuova formulazione dell’articolo 2379 c.c. ed in parte da una ipotetica e dibattuta ristrutturazione della categoria dei diritti indisponibili in relazione alla nuova modulazione delle ipotesi di nullita’, appare quindi prima facie investire plausibilmente la competenza del giudice ordinario e, pertanto, la valutazione che il tribunale era tenuto ad effettuare doveva incentrarsi soltanto sulla plausibilita’ di siffatta prospettazione e della sua non strumentante ai fini di uno sviamento della competenza, senza entrare nella complessa valutazione della fondatezza delle singole argomentazioni.
Il regolamento va quindi accolto, la sentenza impugnata va conseguentemente cassata dovendosi dichiarare la competenza del Tribunale di Napoli. Segue alla soccombenza la condanna al pagamento delle spese di giudizio liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il regolamento, cassa la sentenza impugnata e dichiara la competenza del Tribunale di Napoli. Condanna la resistente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in euro 3000,00 per onorari oltre euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.