Corte di Cassazione, Sezione 3 Penale, Sentenza 11 aprile 2013, n. 16459
A cosa va incontro chi butta le cicche, sversa candeggina, ed altri saponi corrosivi sul balcone sottostante il proprio?
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SQUASSONI Claudia – Presidente
Dott. LOMBARDI Alfredo M. – Consigliere
Dott. AMORESANO Silvio – Consigliere
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere
Dott. GAZZARA Santi – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. il (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1032/2011 TRIBUNALE di PALERMO, del 02/12/2011;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/02/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. SANTI GAZZARA;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Policastro Aldo, che ha concluso per la inammissibilita’.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Palermo, con sentenza del 2/12/2011, ha dichiarato (OMISSIS) colpevole dei reato di cui agli articoli 31 cpv. e 674 cod. pen. per avere arrecato molestie a (OMISSIS), in quanto abitante nello stesso stabile, aveva gettato, nel piano sottostante ove si trovava l’appartamento di quest’ultima, rifiuti, quali cenere e cicche di sigarette, nonche’ detersivi corrosivi, quale candeggina, e la ha condannata alla pena di euro 120,00 di ammenda.
Propone ricorso per cassazione la prevenuta personalmente, con i seguenti motivi:
- inosservanza dell’articolo 163 bis disp. att. c.p.p., visto che competente a decidere avrebbe dovuto essere il Tribunale di Carini, sezione distaccata del Tribunale centrale di Palermo;
- vizio di motivazione ed errata lettura delle emergenze istruttorie che, se correttamente valutate, avrebbero indotto il decidente a ritenere la insussistenza di prova in ordine alla concretizzazione del reato contestato ed alla ascrivibilita’ di esso in capo alla prevenuta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ inammissibile.
La argomentazione motivazionale, adottata dal decidente in relazione alla concretizzazione del reato in contestazione e alla ascrivibilita’ di esso in capo alla prevenuta, si palesa logica e corretta.
Preliminarmente, va rilevato come dal vaglio di legittimita’ a cui e’ stata sottoposta la impugnata pronuncia, emerga in maniera del tutto evidente, che il giudice e’ pervenuto alla affermazione di colpevolezza della prevenuta a seguito di una esaustiva valutazione della piattaforma probatoria, i cui elementi, confermativi della tesi accusatoria, sono stati puntualmente richiamati dal decidente (deposizioni (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)).
Con il primo motivo di annullamento si eccepisce la inosservanza dell’articolo 163 bis disp. att. c.p.p., in quanto competente a decidere avrebbe dovuto essere il Tribunale di Carini, sezione distaccata del Tribunale di Palermo e non il Tribunale centrale.
La censura e’ totalmente priva di pregio, perche’, come piu’ volte affermato dalla giurisprudenza di legittimita’, le sezioni distaccate, sia del Tribunale, che della Corte d’Appello, non possono essere considerati uffici autonomi, ma costituiscono semplici articolazioni dall’unico ufficio da cui dipendono; di tal che la violazione dei criteri di attribuzione degli affari tra sede principale e sede distaccata non da luogo a nullita’, ne’ e’ ipotizzabile alcun conflitto di competenza tra di esse (ex multis Cass. 12/12/06, n. 42172).
Di poi, inammissibile e’ da ritenere la censura formulata con il secondo motivo di impugnazione, in quanto con essa si tende ad una analisi rivalutativa delle emergenze istruttorie, sulle quali al giudice di legittimita’ e’ precluso procedere a nuovo esame estimativo: in tema di controllo sulla motivazione a questa Corte e’ normativamente inibita la possibilita’, non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione, mediante un raffronto tra l’appartato argomentativo, che la sorregge, ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno.
Va richiamato sul punto il principio secondo il quale esula dai poteri di questa Corte quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e’ riservata, in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita’ la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu’ adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Cass. S.U. 2/7/1997, 6402).
Tenuto conto della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la (OMISSIS) abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’, la stessa, a norma dell’articolo 616 c.p.p., deve, altresi’, essere condannata al versamento di una somma, in favore della cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.000,00.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro 1.000,00.