Corte di Cassazione, Sezione 2 Civile, Sentenza 28 febbraio 2013, n. 5063
L'ex fidanzato della figlia chiede la restituzione delle somme spese per la ristrutturazione di una casa, ma lei non solo chiede i danni cagionati dall'opera, ma anche il risarcimento per i pasti da lui consumati
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ODDO Massimo – Presidente
Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere
Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere
Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n.r.g. 4252/07 proposto da:
- (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)) rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS) ed elettivamente domiciliata presso il prof (OMISSIS) in (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
- (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)) rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in (OMISSIS), come da procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
contro
la sentenza della Corte di Appello di Catania n. 285/06, dep.ta il 28.3.06;
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 29/01/2013 dal Consigliere Dott. Bruno Bianchini;
Udito l’avv. (OMISSIS), con delega dell’avv. (OMISSIS), per la parte controricorrente, che ha insistito per il rigetto del ricorso;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 – (OMISSIS), con atto notificato il 28 aprile 1995, cito’ (OMISSIS) innanzi al Tribunale di Siracusa, chiedendone la condanna al pagamento di lire 54.045.000, pari al valore della mano d’opera ed al costo dei materiali impiegati nella ristrutturazione di un immobile della predetta, sito in (OMISSIS), esponendo di aver eseguito tali opere in quanto all’epoca era fidanzato con la figlia della convenuta, nella prospettiva che l’abitazione cosi’ ristrutturata avrebbe dovuto essere impiegata come futura casa coniugale, circostanza poi non verificatasi per la rottura dei rapporti con la predetta. La convenuta si costitui’, opponendosi all’accoglimento delle richieste, svolgendo altresi’ domanda riconvenzionale per il pagamento di lire 93.040.000 di cui lire 6.000.000 per danni arrecati all’immobile ed il resto per i pasti consumati durante il fidanzamento.
2 – L’adito Tribunale accolse in parte le domande dell’ (OMISSIS) condannando la (OMISSIS) al pagamento di euro 21.000,00 oltre interessi, spese di CTU e due terzi delle spese di giudizio; la (OMISSIS) interpose gravame che fu respinto dalla Corte di Appello di Catania con sentenza n. 285, pubblicata il 28 marzo 2006.
3- Il giudice dell’impugnazione disattese il motivo di gravame con cui si era evidenziata la mancata indicazione della causapetendi e la non riconducibilita’ della fattispecie – stante l’impostazione data alla domanda dall’ (OMISSIS) – all’ipotesi di accessione ne’ a quella di ingiustificato arricchimento ne’ tanto meno a quella risarcitoria per rottura di fidanzamento a’ sensi dell’articolo 81 cod. civ., ritenendo invece che l’originario petitum rientrasse nell’ipotesi disciplinata dall’articolo 936 c.c., comma 2, e che alla minore quantificazione del dovuto si dovesse pervenire in considerazione della fornitura da parte della appellante dei materiali impiegati nella ristrutturazione.
3 – Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso la (OMISSIS), facendo valere due motivi; l’ (OMISSIS) ha risposto con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1 – Con il primo motivo viene denunziata la violazione e falsa applicazione dell’articolo 936 cod. civ. avendo omesso la Corte territoriale di considerare che per aversi la fattispecie di opere fatte dal terzo con materiali propri su suolo altrui sarebbe stato necessario che l’opus oggetto di trasformazione fosse dotato di autonomia, dal punto di vista strutturale ed economico, rispetto al suolo cui accedeva ed il cui valore contribuiva ad arricchire: fattispecie dunque che avrebbe impedito alla Corte del merito di comprendere nell’indennizzo riconosciuto all’ (OMISSIS) le opere dirette alla demolizione, manutenzione o modificazione di manufatti gia’ esistenti.
La – Come mezzo al fine viene formulato il seguente quesito di diritto, in ossequio all’onere risultante dall’articolo 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis: “Riferendosi l’articolo 936 c.c. al caso in cui la costruzione realizzata dal terzo presenti rispetto al suolo una propria autonomia, dal lato strutturale ed economico, di guisa da poter essere astrattamente idonea, per la sua capacita’ di utilizzazione, ad apportare un effettivo incremento al valore del suolo cui accede, devono escludersi dalla disciplina dettata dalla norma medesima tutte quelle opere eseguite dal terzo su suolo altrui che hanno comportato la mera demolizione, manutenzione o modificazione di manufatti gia’ esistenti”?
2 – Il motivo non e’ fondato in quanto, limitandosi la critica esposta a contestare l’applicazione della norma sopra richiamata ad alcuni soltanto dei lavori eseguiti e non confutando dunque – come invece appare essere accaduto in primo grado – la stessa configurabilita’ della fattispecie dell’accessione, costituisce una quaestio facti rimessa all’insindacabile valutazione del giudice del merito quella di stabilire quali e quante opere possano considerarsi finalisticamente destinate all’accrescimento del bene immobile del terzo, salva la presenza di vizi nel ragionamento logico seguito dal giudicante per raggiungere siffatto risultato interpretativo, vizi che pero’ non hanno formato oggetto di rilievo.
3 – Sotto diverso ma concorrente profilo, con il secondo motivo parte ricorrente lamenta nuovamente la violazione delle medesima norma non avendo la Corte del merito messo in relazione gli esborsi e il valore dell’apporto lavorativo a carico dell’ (OMISSIS) con l’incremento di valore che sarebbe originato dalle opere dello stesso, cosi’ da privare essa deducente della facolta’ di scelta tra pagare i primi od indennizzare i secondi.
3.a – La prospettazione non e’ fondata considerando che espressamente il giudice dell’appello escluse l’indennizzabilita’ di eventuali incrementi patrimoniali che, per effetto dei lavori, fossero derivati all’immobile della ricorrente, non essendo cognite le condizioni dello stesso prima della ristrutturazione, con l’effetto di onerare parte deducente della dimostrazione della inutilita’ sostanziale dei lavori intrapresi e, quindi, della non invocabilita’ del disposto dell’articolo 936 cod. civ. neppure per il costo delle opere poste in essere dal terzo.
3.b – L’argomentazione appare in ogni caso nuova – e quindi inammissibile – se la si confronti con il motivo di appello (segnatamente: il secondo) con il quale, nella diversa prospettiva della non applicabilita’ dell’articolo 2041 cod. civ. – qualora la domanda dell’ (OMISSIS) fosse stata cosi’ qualificata – la ricorrente si era lamentata della mancata prova dell’arricchimento patrimoniale derivante dai lavori e non gia’ della privazione della scelta tra pagamento del costo dei lavori ed aumento di valore.
4 – Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come indicato in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in euro 2.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi, oltre IVA e CAP.