Cassazione Civile, Sezione III, Sentenza 20 febbraio 1998 n. 1785
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE III CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati: Dott. Enzo MERIGGIOLA Presidente ” Roberto PREDEN Rel. Consigliere ” Francesco SABATINI ” ” Vincenzo SALLUZZO ” […]
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Enzo MERIGGIOLA Presidente
” Roberto PREDEN Rel. Consigliere
” Francesco SABATINI ”
” Vincenzo SALLUZZO ”
” Antonio SEGRETO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FA, elettivamente domiciliata in ROMA LARGO TRIONFALE 7,presso lo studio dell’avvocato G.FIORINI, difesa dall’avvocato GIANCARLO PARIS, giusta delega in atti;
RICORRENTE
CONTRO
BA;
INTIMATO
avverso la sentenza n. 405-95 del Tribunale di AVEZZANO, emessa il 20-9-95 depositata il 04-11-95; RG.0004-94 udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18-11-97 dal Consigliere Dott. Roberto PREDEN;
udito l’Avvocato PARIS GIANCARLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.Vincenzo MACCARONE che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
Con ricorso al Pretore di Avezzano notificato il 14.7.92, Angelo Bianchi chiedeva dichiararsi legittimo il diniego di rinnovo relativamente alla locazione di due vani, condotti da Anna FA ad uso commerciale, che l’istante intendeva adibire a deposito di merce a servizio della propria attività commerciale di vendita di generi di abbigliamento e merceria, con conseguente condanna della convenuta al rilascio.
La convenuta resisteva.
Il pretore, con sentenza del 25.10.93, rigettava la domanda.
Pronunciando sull’appello del BA, al quale aveva resistito la FA, il Tribunale di Avezzano, con sentenza del 4.11.95, lo accoglieva, dichiarando legittimo il diniego di rinnovo e condannando la conduttrice al rilascio.
Avverso tale sentenza ricorre per cassazione la FA sulla base di unico mezzo. Non ha svolto difese in questa sede il Bianchi.
Diritto
1. Con l’unico mezzo, denunciando violazione e falsa applicazione degli art. 27 e 29 l. n. 392-78 e difetto di motivazione, deduce la ricorrente:
a) che il tribunale non avrebbe correttamente valutato la serietà dell’intenzione del locatore;
b) che, ai sensi dell’art. 29, comma 1, lett. b), l. cit., il diniego è consentito qualora il locatore intenda adibire l’immobile locato all’esercizio di una delle attività indicare nell’art. 27, mentre il Bianchi aveva dichiarato di voler adibire l’immobile a deposito di merci.
2. Il motivo è infondato sotto entrambi i profili di censura.
2.1. Ha premesso il tribunale che, ai sensi degli artt. 28 e 29, comma 1, lett. b), l. n. 392-78, ai fini dell’esercizio del diniego di rinnovo non è richiesta la necessità del locatore di disporre dell’immobile locato per l’esercizio della propria attività commerciale, ma è sufficiente l’intenzione di dare all’immobile la suindicata destinazione, purché tale intenzione sia seria e realizzabile.
E sul punto la sentenza si è puntualmente uniformata ai principi espressi al riguardo da questa S.C. (sent. n. 10758-91; n. 5413-93; n. 7965-95; n. 9732-95).
Ha quindi rilevato il tribunale che, nella specie, la serietà dell’intenzione del Bianchi di destinare i vani locati a magazzino di servizio per l’esercizio della sua attività commerciale trovava riscontro nella circostanza che attualmente ad uso di deposito erano adibiti un immobile di proprietà del figlio e parte della casa di abitazione del locatore, e non era smentita dalla diversa destinazione data in precedenza all’immobile, concedendolo in locazione a terzi, poiché la locazione risaliva a dieci anni addietro, e si inseriva quindi in una situazione ben diversa da quella attuale.
E tale motivazione, esente da vizi logici o errori di diritto, si sottrae al sindacato di questa S.C..
2.2. Per quanto concerne la seconda censura, va osservato che il tribunale non ha mancato di rilevare che la progettata destinazione dei locali dei quali veniva richiesta la restituzione consisteva nell’adibirli a magazzino di servizio per l’esercizio dell’attività commerciale svolta dal locatore.
In tal modo il giudice del merito ha sostanzialmente posto in evidenza che la dichiarata intenzione non atteneva ad una neutra destinazione dei locali ad uso di “deposito”, come tale non ricompresa tra quelle tutelate dall’art. 27 l. n. 392-78, bensì ad una destinazione qualificata dal collegamento con l’esercizio dell’attività commerciale svolta dal locatore, concretantesi nel porre in relazione di dipendenza funzionale i locali adibiti a deposito con quelli adibiti allo svolgimento dell’attività commerciale vera e propria, per il migliore espletamento di quest’ultima.
Correttamente, quindi, ha riconosciuto che i locali erano strumentalmente destinati all’esercizio di una delle attività indicate nell’art. 27 (nella specie, una attività di tipo commerciale). Non v’è dubbio, invero, che anche la conservazione in un adeguato deposito dei beni oggetto dell’attività commerciale attiene all’esercizio di tale attività, consentendone il migliore svolgimento, sia sotto il profilo della consistenza degli approvvigionamenti, sia in vista della agevole ed immediata disponibilità della merce.
La rilevanza di siffatta funzione accessoria, strumentale all’espletamento di una attività economico-produttiva, risulta invero pacificamente riconosciuta dalla costante giurisprudenza di questa S.C., secondo la quale deve ritenersi ricompresa nella disciplina dettata dall’art. 27 legge n. 392 del 1978, quanto alla durata, anche la locazione concernente un immobile ad uso di deposito, qualora questo risulti collegato, spazialmente e-o funzionalmente, con una delle attività individuate dal suddetto art. 27 (sent. n. 5775-82; n. 2943-86; n. 1829-87; n. 8871-87; n. 326-90; n. 89-91; n. 1797-91).
3. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, poiché l’intimato non ha svolto difese.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.
Così deciso in Roma il 18.11.97.