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Federproprietà AbruzzoVizi di CostruzioneCassazione Civile, Sezione III, Sentenza 01 giugno 2006 n. 13131

Cassazione Civile, Sezione III, Sentenza 01 giugno 2006 n. 13131

Esiste un dovere di controllo del committente sull'operato dell'appaltatore? Se sì di che estensione è?

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIDUCCIA Gaetano – Presidente -
Dott. PREDEN Roberto – Consigliere -
Dott. FILADORO Camillo – Consigliere -
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere -
Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

BETA 2 S.R.L., in persona dell’Amministratore pro tempore ing. T.G. domiciliato in ROMA VIA MARIANNA DIONIGI 43, presso lo studio dell’avvocato LUCIANA CANONACO, difeso dall’avvocato FERRARI Vincenzo, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

COOPERATIVA RENDE 85, G.E., EDILSTA S.R.L.;

- intimati -

e sul 2^ ricorso n. 23734/2003 proposto da:

G.E., elettivamente domiciliato in ROMA VIA XX SETTEMBRE 4, presso lo studio dell’avvocato ALFREDO MIRABELLI CENTURIONE, difeso dall’avvocato CARRATELLI Laura, giusta delega in atti;

- controricorrente e ricorrente incidentale -

e contro

BETA 2 S.R.L., COOP RENDE 85, EDILSTA S.R.L.;

- intimati -

e sul 3^ ricorso n. 19861/2003 proposto da:

EDILSTA S.R.L., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, Ing. C.P., elettivamente domiciliato in ROMA VIA SEBINO 11, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO A CAPUTO, difeso dall’avvocato BARBA GREGORIO, giusta delega in atti;

- controricorrente e ricorrente incidentale -

contro

G.E., elettivamente domiciliato in ROMA VIA XX SETTEMBRE 4, presso lo studio dell’avvocato ALFREDO MIRABELLI, difeso dall’avvocato LAURA CARRATELLI, giusta delega in atti;

- controricorrente al ricorso incidentale -

e contro

COOPERATIVA RENDE 85 IN LIQ. BETA 2 S.R.L.;

- intimati -

avverso la sentenza n. 549/2002 della Corte d’Appello di CATANZARO, emessa il 02/08/2002, depositata il 04/12/002, RG. 560/2000;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 17/01/2006 dal Consigliere Dott. Giacinto BISOGNI;
udito l’Avvocato GREGORIO BARBA;
udito l’Avvocato LAURA CARRATELLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso “BETA” e del ricorso “EDILSTA” ed assorbimento ricorso “GALATI”;

Fatto

Il signor G.E. conveniva, in data 30 novembre 1992, davanti al Tribunale di Cosenza la Cooperativa Rende 85 per ottenere il ripristino dei luoghi e il risarcimento dei danni derivati dall’occupazione illegittima del terreno di sua proprietà, effettuata dalla Cooperativa, con deposito di materiali e scavi, al fine di realizzare una strada ma occupando una parte di terreno non prevista nel provvedimento di autorizzazione della Provincia di Cosenza.

Si costituiva la Cooperativa che contestava la sussistenza dei fatti e chiamava comunque in causa le società appaltatrici Beta 2 ed Edilsta s.r.l. che avrebbero dovuto procedere alla rimozione del materiale di risulta.

Il Tribunale di Cosenza così pronunciava con la sentenza n. 840/2000: a)dichiarava il difetto di legittimazione delle due società e le estrometteva dal giudizio; b) dopo aver accertato la fondatezza della domanda del G., condannava la Cooperativa Rende 85 al risarcimento dei danni liquidati in L. 115.000.000, oltre rivalutazione e interessi, e al pagamento delle spese processuali anche nei confronti delle società chiamate in causa.

Sull’appello della Cooperativa la Corte di Appello di Catanzaro con sentenza n. 549/2002 condannava le società Edilsta e Beta 2 al pagamento in favore del G. della somma di 59.532,50 Euro, oltre rivalutazione dal 1 marzo 1998, interessi al tasso del 4%, su base annua, sulla somma rivalutata e spese processuali dei due gradi; e assolveva la Cooperativa Rende 85 dalla domanda del G.;

compensava le spese processuali fra il G. e la Cooperativa Rende 85 e fra la Cooperativa e le due società chiamate in causa.

Contro la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro ricorre con tre motivi di ricorso la società Beta 2. Si difende con controricorso il G. e propone ricorso incidentale condizionato.

Entrambe le parti depositano memoria ex art. 378 c.p.c..

Propone inoltre ricorso per cassazione la società Edilsta deducendo cinque motivi di ricorso.

Diritto

Con il primo motivo di ricorso la società Beta 2 deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., anche in relazione all’art. 346 per inosservanza dei principi della domanda e della corrispondenza fra chiesto e pronunciato, rilevando che nessuna domanda era stata proposta dal G. contro di essa.

Con il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., in relazione all’art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c. nonchè la falsa applicazione dell’art. 2055 c.c. e il vizio di motivazione per evidente illogicità e imprudenza nella valutazione delle prove. Sostanzialmente la ricorrente rileva che dall’istruttoria emerge la circostanza per cui sul terreno avevano scaricato molti soggetti (inclusa la Cooperativa Rende) con la conseguenza dell’inapplicabilità della presunzione di cui all’art. 2055 c.c..

Infine con il terzo motivo di ricorso la società Beta 2 deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2055 c.c., nonchè il vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia. Lamenta la società ricorrente l’equiparazione compiuta dalla Corte di appello delle responsabilità a suo carico e di quelle della società Edilsta, mentre nella realtà le due società avevano eseguito lavori diversi. La Corte avrebbe dovuto inoltre, secondo la ricorrente, graduare in modo diverso le responsabilità applicando l’art. 2055 c.c., comma 2, in considerazione della minore entità degli scavi effettuati dalla Beta (in una proporzione pari a circa un quarto dei lavori di scavo eseguiti dalla Edilsta).

Con il suo primo motivo di ricorso la società Edilsta deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., per ultrapetizione, riproducendo sul punto le stesse argomentazioni della società Beta 2.

Con il secondo motivo di ricorso la società Edilsta deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2056 c.c., degli articoli 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, e il vizio di omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione, riferendosi alla circostanza della pluralità dei soggetti che avevano eseguito scavi sul terreno del G., circostanza non presa in considerazione dalla Corte di appello di Catanzaro.

Con il terzo motivo la società Edilsta deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2056 c.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, e il vizio di omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione, riferendosi, da un lato, alla mancata considerazione della circostanza per cui il terreno aveva, in realtà, subito miglioramenti a seguito dei lavori in contestazione e, d’altro lato, alla mancata valutazione della responsabilità dell’attore nella verificazione dei danni.

Con il quarto motivo di ricorso la società Edilsta deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2055 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, e il vizio di omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione. Rileva la società ricorrente che la sentenza impugnata non ha tenuto conto della diversità della posizione delle due società derivante dalla diversità dei lavori da esse eseguiti, circostanza che avrebbe dovuto escludere il vincolo di solidarietà passiva.

Infine con il quinto motivo di ricorso la ricorrente Edilsta deduce la violazione dell’art. 91 c.p.c..

Il signor G.E. ricorre in via incidentale condizionata affinchè la Corte, in caso di accoglimento del ricorso delle società Beta 2 e Rende 85, cassi la sentenza impugnata per non aver il Giudice di appello condannato la Cooperativa Rende 85 con ciò incorrendo in violazione degli artt. 2043, 2049 e 2051 c.c., oltre che in difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia. Secondo il G. La Corte di merito al fine di escludere la responsabilità della Cooperativa Rende 85, avrebbe dovuto indagare, cosa che non ha fatto, sulla natura e sull’oggetto del contratto di appalto, stipulato dalla Cooperativa con le società Beta 2 e Edilsta, sull’ampiezza dell’autonomia concessa dalla committente alle imprese appaltatrici, sulla presenza o meno di un direttore dei lavori. Inoltre, secondo il G., la motivazione della sentenza impugnata si dimostra insufficiente nella parte relativa alla capacità imprenditoriale delle società appaltatrici e alla esclusione di qualsiasi possibilità di controllo e di qualsiasi ipotesi di culpa in eligendo da parte della Cooperativa.

I ricorsi vanno riuniti sussistendone i presupposti di legge.

Il primo motivo del ricorso della società Beta 2 va trattato unitamente al primo motivo del ricorso della società Edilsta essendo i due motivi coincidenti quanto alla indicazione delle norme violate e fondati sulle stesse deduzioni e argomentazioni difensive.

Tali motivi di ricorso devono ritenersi fondati alla luce del principio della non estensione della domanda dell’attore nei confronti del terzo chiamato in garanzia (propria o impropria) (cfr.

ex pluribus Cassazione civile sezione 2^ n. 7273 del 12 maggio 2003 e anche Cassazione civile sezione 1^ n. 6716 del 30 marzo 2005 e Cassazione sezione 3^ n. 254 dell’11 gennaio 2006). Come è stato ancora di recente chiarito da questa Corte (cfr. Cassazione civile 3^ sezione n. 1748 del 28 gennaio 2005) “il principio dell’estensione automatica della domanda dell’attore al chiamato in causa trova applicazione allorquando la chiamata del terzo sia effettuata al fine di ottenere la liberazione dello stesso convenuto dalla pretesa dell’attore, in ragione del fatto che il terzo s’individui come unico obbligato nei confronti dell’attore ed in vece dello stesso convenuto, realizzandosi in tal caso un ampliamento della controversia in senso soggettivo (divenendo il chiamato parte del giudizio in posizione alternativa con il convenuto) ed oggettivo (inserendosi l’obbligazione del terzo dedotta dal convenuto verso l’attore in alternativa rispetto a quella individuata dall’attore), ma ferma restando, tuttavia, in ragione di detta duplice alternatività, l’unicità del complessivo rapporto controverso.

Il suddetto principio, invece, non opera, allorquando il chiamante faccia valere nei confronti del chiamato un rapporto diverso da quello dedotto dall’attore come “causa petendi” ed in particolare, ove l’azione dell’attore sia di natura risarcitoria”.

Nel caso in esame non può realizzarsi l’ipotesi dell’estensione della domanda ai terzi chiamati in causa in quanto la Cooperativa Rende 85 ha espressamente chiesto di essere autorizzata a chiamare in garanzia le due società Beta 2 e Edilsta e tale causa petendi è stata confermata anche nel corso del giudizio di appello, come risulta dalle conclusioni della Cooperativa appellante, subordinate alla richiesta principale di rigetto della domanda del G.. Tali conclusioni sono così riportate nella sentenza della Corte di appello di Catanzaro: “condannare la società Beta 2 s.r.l. e Edilsta s.r.l., in solido tra loro, ovvero ciascuna per la propria parte di responsabilità, a rivalere l’appellante di tutto quanto sarà eventualmente costretta a pagare per i danni lamentati dall’attore”.

L’accoglimento del primo motivo dei ricorsi delle società Beta 2 e Rende 85 comporta necessariamente l’assorbimento degli altri motivi.

Per quanto riguarda il ricorso incidentale condizionato va rilevato in primo luogo che il riferimento agli artt. 2043, 2049 e 2051 c.c. non si accompagna ad alcuna indicazione delle ragioni per le quali il ricorrente incidentale ritiene che la sentenza della Corte calabrese abbia violato tali norme.

A tale proposito occorre rilevare che l’indicazione delle norme che si assumono violate non si pone come requisito autonomo ed imprescindibile ai fini dell’ammissibilità del ricorso per Cassazione, ma come elemento richiesto al fine di chiarire il contenuto delle censure formulate e di identificare i limiti dell’impugnazione. Pertanto come la mancata indicazione delle disposizioni di legge non comporta di per sè l’inammissibilità del gravame così la mera indicazione di norme che si assumono violate non determina di per sè l’ammissibilità dello stesso, qualora tale indicazione non renda comunque possibile la identificazione e delimitazione delle questioni sollevate (cfr. Cassazione civile 3^ sezione n. 26091 del 30 novembre 2005).

Più circostanziata o almeno corredata da riferimenti ai punti non condivisi o carenti è la deduzione del difetto di motivazione.

Occorre rilevare però che tali riferimenti non riescono a evidenziare una contraddittorietà o carenza della motivazione nel suo complesso, per ciò che concerne l’esame della fondatezza della domanda proposta dal G. nei confronti della Cooperativa committente. Per altro verso, essi si risolvono in contestazioni attinenti al merito della decisione che, come tali, sono insindacabili in questa sede. Invero la motivazione della decisione impugnata è, se pure concisa, estremamente chiara e conseguente sul punto della assenza di responsabilità della Cooperativa. La Corte di Appello richiama infatti la giurisprudenza di legittimità (fra le altre Cassazione civile 2^ sezione n. 8686 del 26 giugno 2000) secondo cui di regola, l’appaltatore deve ritenersi unico responsabile dei danni derivati a terzi dall’esecuzione dell’opera.

Secondo tale giurisprudenza una corresponsabilità del committente può configurarsi in caso di specifica violazione di regole di cautela nascenti dall’art. 2043 c.c., ovvero in caso di riferibilità dell’evento al committente stesso per “culpa in eligendo”, per essere stata affidata l’opera ad un’impresa assolutamente inidonea, ovvero quando l’appaltatore, in base a patti contrattuali, sia stato un semplice esecutore degli ordini del committente ed abbia agito quale “nudus minister” attuandone specifiche direttive. A questo esatto inquadramento giuridico cui sottoporre l’esame della domanda di risarcimento la Corte di Appello fa seguire una sintetica ricognizione negativa sulla ricorrenza delle ipotesi derogatorie. Il ricorrente incidentale censura l’apoditticità di tale ricognizione e la mancanza di una più ampia disamina da parte della Corte di Appello sul contenuto del contratto di appalto e sulla sua concreta esecuzione al fine di una più esauriente indagine finalizzata a escludere o affermare la responsabilità della Cooperativa committente.

Tali censure sono infondate in quanto presuppongono un potere di ricerca della prova da parte del Giudice che è del tutto estranea al tipo di controversia in esame. Per altro verso prescindono da un assunto non contestabile e strettamente conseguente all’applicazione del principio giurisprudenziale citato. Se infatti l’ipotesi normale in caso di danni a terzi, provocati dall’esecuzione di un contratto di appalto, è quella della responsabilità esclusiva dell’appaltatore, sarà il terzo, che voglia agire direttamente nei confronti del committente, o l’appaltatore, che abbia operato in assenza di qualsiasi autonomia, a dover dimostrare la sussistenza di circostanze che comportino la deroga al principio della responsabilità del solo appaltatore. La Corte di Appello quindi non ha fatto altro che rilevare l’assenza di elementi di prova che potessero far affermare la responsabilità della committente. Da parte del ricorrente incidentale non sono stati indicati elementi probatori che imponessero una valutazione più approfondita da parte del Giudice di merito. Specificamente, sulla idoneità delle imprese appaltatrici a realizzare le opere commissionate non si riscontrano affermazioni incoerenti o illogiche nella motivazione della sentenza impugnata. Per quanto riguarda la facile conoscibilità da parte della Cooperativa del comportamento lesivo posto in essere dalle appaltatrici occorre rilevare che si tratta comunque di una valutazione di fatto affidata al Giudice di merito e preclusa in questo giudizio (cfr. Cassazione civile 3^ sezione n. 1478 del 21 giugno 2004). Anche sul punto non si rinvengono comunque profili di illogicità della motivazione se si tiene conto dell’argomento citato dalla Corte di Appello secondo cui, sul riscontro delle risultanze istruttorie, l’attività di deposito del terreno di risulta sfuggiva ad ogni attività di controllo per le sue caratteristiche e modalità di esecuzione. Per altro verso ancora la possibilità di un’attività di controllo da parte del committente, nella tipologia dell’appalto, non può considerarsi come un onere cui il committente è sempre tenuto ma semmai come un potere che può essere riconosciuto nei rapporti interni fra il committente e l’appaltatore, ed eccezionalmente può assumere rilevanza nei confronti del terzo, se il contratto la prevede in collegamento con la riduzione o eliminazione della sfera di autonomia decisionale dell’appaltatore.

Un dovere di controllo di origine non contrattuale gravante sul committente al fine di evitare che dall’opera derivino lesioni del principio del neminem laedere di cui alla norma generale contenuta nell’art. 2043 c.c. può essere configurato, come è costantemente affermato in giurisprudenza, al fine di evitare specifiche violazioni di regole di cautela (cfr. Cassazione civile sezione 2^ n. 7273 del 12 maggio 2003 e Cassazione civile sezione 3^ n. 11478 del 21 giugno 2004) e non anche al fine di realizzare una generale supervisione da parte del committente sulla conformità del comportamento dell’appaltatore al principio base della responsabilità civile.

La previsione di un tale tipo di controllo vanificherebbe infatti completamente il principio giurisprudenziale cui correttamente si è ispirata la Corte di Appello di Catanzaro.

L’accoglimento dei motivi di ricorso principali sopra descritti e il rigetto del ricorso incidentale condizionato comportano la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata nella parte relativa.

Sussistono giusti motivi per compensare interamente fra le parti le spese processuali del giudizio di Cassazione e di appello.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo dei ricorsi delle società Beta 2 s.r.l. e Edilsta s.r.l., assorbiti gli altri motivi. Rigetta il ricorso incidentale del G.. Cassa senza rinvio la sentenza impugnata in parte de qua. Compensa anche per l’appello le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2006.

Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2006.

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