Cassazione Civile, Sezione III, Sentenza 01 agosto 1995 n. 8388
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE III CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROMAGNOLI Ezio – Presidente - ” SOMMELLA Francesco – Consigliere - ” NICASTRO Gaetano ” ” […]
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROMAGNOLI Ezio – Presidente -
” SOMMELLA Francesco – Consigliere -
” NICASTRO Gaetano ”
” FANCELLI Claudio ”
” PREDEN Roberto ” rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da
RL, n. a Terracina il 4.5.63 ed ivi res. in Via Cavour,elett.te dom.to in Roma, Via G. Zanardelli n. 36 c-o lo studio dell’avv. Sergio Rossi, che lo rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso.
RICORRENTE
contro
FF, FI, FM, tutti elett.te dom.ti in Roma, Via C. Colombo n. 348, c-o lo studio dell’avv. Antonio Cataldo,rappresentati e difesi dall’avv. Raffaele Volpe giusta procura in calce al controricorso.
CONTRORICORRENTI
Visto il ricorso avverso la sentenza n. 526-92 della Corte d’appello di Roma dl 17.12.91 – 27.2.92 (RG. 4414-89).
Udito il Consigliere relatore dott. Roberto Preden all’udienza pubblica del 9.3.95.
È comparso l’avv. S. Rossi, difensore del ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Sentito il P.M., nella persona del Sost. Proc. Gen. dott. Domenico Iannelli, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Fatto
Con atto del 6.11.87, FF, FI e FM intimavano a Luca RL sfratto per finita locazione relativamente all’immobile denominato “Arena Fontana”, sito in Terracina, al predetto locato, per la durata di tre mesi (dal 25.6.87 al 25.9.87), per l’esercizio dell’attività di proiezione cinematografica all’aperto, e lo citavano contestualmente per la convalida davanti al locale pretore.
Il RL si opponeva. Il pretore ordinava il rilascio e rimetteva le parti davanti al Tribunale di Latina.
Riassunta la causa, gli attori chiedevano dichiararsi cessata la locazione alla data del 25.9.87 e condannarsi il conduttore al risarcimento dei danni ex art. 1591 c.c.
Il RL resisteva, eccependo che il rapporto era iniziato nel 1983 ed integrava un affitto di azienda; in via riconvenzionale, chiedeva la condanna degli attori al pagamento dell’indennità per i miglioramenti eseguiti e le attrezzature installate.
Il tribunale dichiarava cessata la locazione al 25.9.87; condannava il conduttore al risarcimento dei danni ex art. 1591 c.c. per il periodo di successiva occupazione; dava atto dell’avvenuto ritiro, da parte del predetto, di tutto il materiale di sua proprietà.
Pronunciando sull’appello proposto dal RL, la corte d’appello di Roma, con sentenza del 27.2.92, lo rigettava.
Considerava la corte:
- correttamente il tribunale aveva qualificato il rapporto come locazione di immobile con accessori funzionalmente subordinati, e non di affitto di azienda cinematografica, ed in particolare come locazione “stagionale”, ai sensi dell’art. 27, comma 6, l. n. 392-78;
- la condanna al risarcimento dei danni ex art. 1591 c.c. trovava fondamento nella declaratoria di cessazione della locazione al 25.9.87 e nella protrazione dell’occupazione;
- la riconvenzionale del conduttore era stata esaminata ed inequivocamente rigettata dal tribunale.
Avverso tale sentenza ricorre per cassazione il RL, sulla base di sei motivi, ai quali resistono, con controricorso, i Fontana.
Diritto
1.1. Con i primi due motivi, deducendo violazione di legge (art. 1362 c.c.) e difetto di motivazione, il ricorrente censura la qualificazione del rapporto come locazione. Sostiene, infatti, che il rapporto integrava un’ipotesi di affitto di azienda cinematografica. 1.2. Le censure – che si esaminano congiuntamente in ragione della loro intima connessione – sono infondate.
La differenza tra locazione di immobile con pertinenze ed affitto di azienda consiste nel fatto che, nella prima ipotesi, l’immobile concesso in godimento viene considerato specificamente, nell’economia del contratto, come l’oggetto principale della stipulazione, secondo la sua consistenza effettiva e con funzione prevalente ed assorbente rispetto agli altri elementi, i quali – siano essi legati materialmente o meno all’immobile – assumono carattere di accessorietà e rimangono collegati all’immobile funzionalmente, in posizione di subordinazione e di coordinazione; nell’affitto di azienda, invece, l’immobile non viene considerato nella sua individualità giuridica, ma come uno degli elementi costitutivi del complesso di beni mobili ed immobili, legati tra di loro da un vincolo di interdipendenza e complementarietà per il conseguimento di un determinato fine produttivo, sicché l’oggetto del contratto è costituito dall’anzidetto complesso unitario. Consegue che l’indagine per l’individuazione in concreto dall’una o dell’altra figura di contratto deve essere rivolta, da un lato, ad accertare la comune intenzione delle parti, e, dall’altro, deve riguardare l’effettiva consistenza dei beni dedotti in contratto (sent. n. 5488-86).
Ai suenunciati principi si è attenuto il giudice del merito, che ha congruamente motivato la sua valutazione, osservando che la comune volontà delle parti, desumibile dalle espressioni usate e dall’esplicito richiamo alla l. n. 392-78, era diretta inequivocamente alla conclusione di una locazione di immobile da adibire a cinematografo all’aperto, e non di un affitto di azienda cinematografica, e che, nell’economia del contratto, la concessione del godimento dell’immobile costituiva l’elemento di maggior rilievo, atteso che l’unico accessorio espressamente menzionato era rappresentato dalle sedie, mentre le ulteriori attrezzature erano state apportate dal conduttore, che aveva anche provveduto a richiedere le autorizzazioni e le licenze necessarie, non esistenti in precedenza. 2. Resta conseguentemente assorbito il terzo motivo, con il quale, sul presupposto della sussistenza di un contratto di affitto di azienda, si deduce l’inammissibilità del ricorso al procedimento per convalida (art. 657 ss. c.p.c.). 3.1. Con il quarto motivo – deducendo violazione dell’art. 27, comma 6, l. n. 392-78 – il ricorrente addebita alla corte territoriale di avere erroneamente qualificato la locazione come “stagionale”, laddove si trattava di locazione non abitativa ordinaria. 3.2. La censura non è fondata.
Questa S.C. ha avuto modo di precisare che il legislatore, nel prevedere, all’art. 27 l. n. 392-78, la locazione “stagionale” come specifico tipo di locazione non abitativa, ha avuto riguardo non già alla particolare struttura del rapporto locativo, ma al tipo dell’attività svolta nell’immobile o del godimento per il quale viene utilizzato (sent. n. 2380-88).
Viene cioè in considerazione, come attività tutelata, un’attività, ricompresa tra quelle indicate nei primi due commi dell’art. 27 l. cit. (attività industriali, commerciali, artigianali, di interesse turistico; attività abituale e professionale di lavoro autonomo), che, per sua intrinseca natura, è destinata a svolgersi in un arco di tempo corrispondente alla durata di una stagione.
Ne consegue che correttamente la corte d’appello ha riconosciuto alla locazione in esame il carattere “stagionale”, poiché l’attività di proiezione cinematografica all’aperto costituisce, per sua intrinseca natura, un’attività esercitabile soltanto nella stagione estiva.
Ciò posto, del pari esattamente il giudice del merito ha ritenuto che le clausole contrattuali confliggenti, in danno del conduttore, con il tipo legale (caratterizzato dall’obbligo del locatore di locare l’immobile, per la medesima stagione dell’anno successivo, per sei anni consecutivi – elevati a nove per l’attività alberghiera -, allo stesso conduttore che gliene abbia fatto richiesta con lettera raccomandata prima della scadenza del contratto), lungi dal comportare il mutamento del tipo contrattuale – determinato, come detto, dal tipo dell’attività -, incorrevano nella sanzione di nullità di cui all’art. 79 l. cit. Ed ha conseguentemente ritenuto automaticamente sostituite dalla disciplina legale le previsioni limitative della durata del vincolo di rinnovo del rapporto (anni quattro, in luogo di sei), o attributive al locatore di una mera facoltà di rinnovo per le stagioni successive, o, infine, volte ad assicurare al conduttore solo un diritto di prelazione per il rinnovo.
Per quanto concerne, infine, l’asserita trasformazione della locazione da “stagionale” ad ordinaria, per effetto della permanenza nell’immobile da parte del conduttore dopo la scadenza, con il consenso dei locatori, la corte romana l’ha correttamente negata.
Al riguardo, questa S.C. ha statuito che, ove alla scadenza stagionale il conduttore non restituisce la res locata nella disponibilità del locatore, l’acquiescenza di quest’ultimo comporta la rinnovazione tacita della locazione, ai sensi dell’art. 1597 c.c., con possibilità di ulteriori tacite rinnovazioni finché non intervenga l’opposizione del locatore, essendo per contro necessaria l’espressa richiesta del conduttore, prima della scadenza, per usufruire della disciplina prevista dall’art. 27 l. n. 392-78 (sent. n. 2380-88).
Ed è opportuno precisare che la rinnovazione tacita riguarda il tipo legale “locazione stagionale”, nel senso che la protratta detenzione, non contrasta dal locatore, tiene luogo della manifestazione espressa della volontà del conduttore di esercitare il diritto di rinnovo per l’eguale successivo periodo stagionale, e ciò in quanto la “locazione stagionale” presenta la peculiarità di non costituire un rapporto unitario, bensì una serie di rapporti – distinti ancorché collegati da un potenziale vincolo di reiterazione (sent. n. 2380-88) – di durata determinata, perché necessariamente corrispondente a quella di una specifica stagione.
La protratta e non contrastata detenzione, nel periodo intermedio, avrà, d’altra parte, caratteristiche del tutto peculiari, poiché (a parte il caso di abusive utilizzazioni difformi, reprimibili con gli ordinari rimedi) non sarà accompagnata dal godimento caratterizzante il rapporto come “stagionale” – in ragione della compatibilità di tale fruizione esclusivamente con la specifica stagione individuata dal contratto o risultante dalla natura dell’attività (come è nel caso di un’attività di proiezione cinematografica all’aperto) -, e non determinerà quindi l’obbligo di pagare un corrispettivo. Sicché può seriamente dubitarsi che si verta in tema di detenzione correlata a rapporto di locazione (art. 1571 c.c.), apparendo piuttosto configurabile, nel periodo intermedio, una situazione di custodia del bene anche nell’interesse del detentore, in vista dell’instaurazione del successivo rapporto stagionale.
Orbene, ai principi enunciati dalla richiamata sent. n. 2380-88 si è attenuto il giudice del merito, il quale ha rilevato come, dopo i rinnovi taciti conseguenti al mancato rilascio alle scadenze stagionali, senza opposizione dei locatori, questi ultimi, esaurita la stagione estiva dell’anno 1987, senza che il conduttore formulasse tempestivamente richiesta espressa di rinnovo per stagione estiva del 1988, con atto 7.11.87 avevano intimato sfratto per finita locazione, in tal modo precludendo il rinnovo tacito e determinando la trasformazione della detenzione del conduttore in occupazione abusiva. 4.1. Con il quinto motivo viene censurato il rigetto della riconvenzionale, sul rilievo che la corte d’appello avrebbe dovuto disporre consulenza tecnica per accertare il valore dei beni e delle attrezzature con i quali il conduttore aveva integrato l’immobile. 4.2. La censura non è fondata.
Il giudice del merito ha invero dato atto dell’avvenuto ritiro dall’immobile, da parte del conduttore, di tutti i materiali di sua proprietà, risultante da specifica dichiarazione liberatoria, e tale circostanza rendeva manifestamente superflua la consulenza. 5.1. Il sesto motivo denuncia l’erroneità della condanna al risarcimento dei danni ex art. 1591 c.c., in quanto fondata sull’accertamento della scadenza del rapporto effettuato dalla sentenza di primo grado, non provvisoriamente esecutiva. 5.2. La censura non è fondata.
La corte territoriale ha esattamente rilevato che correttamente il primo giudice, accertata e dichiarata la cessazione del rapporto di locazione alla data del 25.9.87, ha qualificato come illegittima l’ulteriore occupazione dell’immobile ed ha accolto la conseguenziale pretesa risarcitoria ex art. 1591 c.c. Si verte, con tutta evidenza, in tema di accertamento degli elementi costitutivi della pretesa azionata, sicché non pertinente è il richiamo alla esecutività o meno della pronuncia. 6. In conclusione, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei resistenti, delle spese, che liquida i L. 237.500, oltre L. 1.000.000, per onorari.
Roma 9.3.95.