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Federproprietà AbruzzoAdeguamento del CanoneCassazione civile sez. III,19 febbraio 2009, n. 4040

Cassazione civile sez. III,19 febbraio 2009, n. 4040

 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente - Dott. FICO Nino – Consigliere - Dott. CALABRESE Donato […]

 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente -
Dott. FICO Nino – Consigliere -
Dott. CALABRESE Donato – rel. Consigliere -
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere -
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 32389-2005 proposto da:

CAV. in persona del socio amministratore e legale rappresentante Rag. S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CUBONI 12, presso lo studio dell’avvocato NOTO ELISA (studio Macchi di Cellere e Gangemi), rappresentato e difeso dall’avvocato LAZZERETTI MARIO giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato CONTALDI MARIO, che la rappresenta e difende giusta delega in calce al controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 634/2005 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, sezione 2^ civile emessa il 25/11/2004, depositata il 02/05/2005, R.G.N.347/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/12/2008 dal Consigliere Dott. DONATO CALABRESE;
udito l’Avvocato MARIO LAZZERETTI;
udito l’Avvocato MARIO CONTALDI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

Con atto ritualmente notificato M.G., quale erede di B.L., intimava alla società CAV sfratto per finita locazione al (OMISSIS) e contestualmente la citava per la convalida dinanzi al Tribunale di Lucca – Sez. dist. di Viareggio relativamente all’immobile sito alla (OMISSIS) e al terreno pertinenziale.

La società conduttrice si opponeva alla convalida, eccependo che la scadenza contrattuale era quella del (OMISSIS) in quanto i contraenti in data (OMISSIS) avevano rinnovato il precedente contratto con un canone diverso da quello inizialmente previsto, e chiedeva in via riconvenzionale dichiararsi che il contratto vigente tra le parti era quello sottoscritto il (OMISSIS) che andava a scadere il (OMISSIS) e, in ipotesi, se non fosse stata riconosciuta la novazione del contratto originario (OMISSIS), condannarsi parte intimante a restituire le somme percepite in misura superiore a quelle dovute. Sempre nella fase sommaria eccepiva, inoltre, che la disdetta (per la scadenza del contratto (OMISSIS)) era stata comunicata tardivamente e che il contratto stesso si era tacitamente rinnovato per altri sei anni.

Non concessa l’ordinanza di rilascio, il Tribunale con sentenza in data 4.11.2003 rigettava la domanda proposta dall’attrice e quella proposta dalla convenuta.

A sua volta la Corte d’appello di Firenze con sentenza 2.5.2005 rigettava l’appello proposto dalla CAV confermando la decisione di prime cure e disattendeva l’appello incidentale proposto dalla M..

Avverso la sentenza d’appello la CAV ha proposto ricorso per cassazione con cinque motivi. Ha resistito M. G. con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

Relativamente alla locazione con contratto (OMISSIS) di immobile e terreno pertinenziale le parti ( M.G. e CAV) prevedevano un canone mensile di L. 950.000; successivamente le stesse parti con scrittura privata (OMISSIS), definita “patti aggiunti”, concordavano di aumentare il canone mensile di locazione.

La Corte d’appello di Firenze, investita in sede di gravame della questione, ha deciso che deve ritenersi la legittimità di tale patto (di aumento del canone), trattandosi di un accordo non solo successivo al contratto di locazione, ma anche giustificato dalle sopraggiunte modifiche della situazione di fatto, tenuta presente dalle parti al momento della stipula del contratto (OMISSIS), avendo la società conduttrice iniziato ad esercitare nell’immobile locato anche l’attività di vendita al pubblico.

Ora nel primo motivo di ricorso la soc. CAV lamenta che il giudice d’appello ha applicato in modo errato e falso le norme di legge in tema di interpretazione del contratto, l’art. 2697 c.c. in ordine all’onere della prova e la L. n. 392 del 1978, artt. 32 e 79 nonchè erronea, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto.

Sostiene che essa aveva già facoltà di esercitare nell’immobile locato le attività comportanti contatti diretti con il pubblico, in quanto nella clausola n. (OMISSIS) del contratto di locazione commerciale sottoscritto fra le parti in data (OMISSIS) la parola “comporta (non comporta)” (contatti con il pubblico) non è depennata; ciò che dimostra che il contratto di locazione consentiva già al conduttore di utilizzare l’immobile anche per attività comportanti contatti diretti con il pubblico. Sicchè la Corte d’appello ha errato nel ritenere che la facoltà di esercitare attività al pubblico sia stata concessa alla conduttrice soltanto, successivamente, con la scrittura redatta in data (OMISSIS).

Il motivo non si rivela fondato.

E’ principio di diritto che l’interpretazione del contratto, la quale consiste nell’accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in un’indagine di fatto riservata al giudice di merito, la cui valutazione è censurabile in Cassazione soltanto per inadeguatezza della motivazione o per violazione delle regole ermeneutiche.

Nel caso di specie, invece, la Corte territoriale, invero, con incensurabile valutazione di merito, e conseguente sufficiente e logica motivazione, dando conto di avere “letto” la scrittura privata definita “patti aggiunti”, del (OMISSIS), ed avere avuto riguardo alla comune intenzione delle parti, è pervenuta alla conclusione che l’accordo (“patti aggiunti”) sottoscritto il (OMISSIS) in corso del rapporto di locazione (OMISSIS) in realtà esprimeva una precisa volontà delle parti, le quali in considerazione della nuova realtà prefiguratasi – intervenuto ampliamento (o mutamento) di destinazione d’uso dell’immobile (da esclusivo uso di colorificio, non comportante contatti con il pubblico, a vendita al pubblico) – stabilirono di comune accordo un aumento del canone di locazione.

E d’altronde la clausola “comporta/non comporta” di cui all’art. 5 del contratto di locazione (OMISSIS), nella sua vaghezza, non dice nulla e può valere in ogni senso; e che essa consentisse di svolgere attività commerciale (di vendita al pubblico) già dall’inizio appare logicamente contraddetto dal patto (OMISSIS) che non avrebbe altrimenti altra ragione d’essere.

L’attacco dello stesso, del resto, come riprodotto nel controricorso, e non contestato, diceva testualmente: “Con la presente scrittura, e con riferimento al contratto di locazione – stipulato in data (OMISSIS) … i contraenti B.L. dante causa di M. G. ed il Colorificio Artigiano di  M. e C. snc, conduttore, premesso che, nel fondo contrassegnato dal n. (OMISSIS) della (OMISSIS), il conduttore ha iniziato ad esercitare anche attività di vendita al pubblico, con regolari autorizzazioni rilasciate dalle competenti autorità, stabiliscono di aumentare il canone di affitto per tutti i locai”.

Nel secondo motivo, per violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, artt. 32 e 79 e art. 1418 c.c., nonchè contestuali vizi della motivazione sul punto, la ricorrente deduce, poi, che la Corte d’appello ha erroneamente ritenuto che l’art. 79 – che commina la nullità delle pattuizioni dirette ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello dovuto – è diretto ad evitare un’elusione di tipo preventivo dei diritti del locatario, ma non esclude la possibilità di disporne, una volta che i diritti siano sorti e quindi possono essere fatti valere. Di contro assume, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte (in particolare sent. n. 10286/2001), che è nulla ogni pattuizione avente ad oggetto aumenti del canone, non potendo il conduttore, neanche nel corso del rapporto, e non soltanto in sede di conclusione del contratto, rinunciare al proprio diritto di non corrispondere aumenti non dovuti.

Il motivo non può ricevere accoglimento.

Ed infatti tale giurisprudenza pare riferirsi, indubbiamente, all’ipotesi ordinaria di puri e semplici aumenti del canone di locazione, che intervengano nel corso del rapporto, ancorchè rispetto a diritti che siano insorti, e non all’ipotesi in cui sopravvengano, nel corso del rapporto, modifiche della situazione di fatto.

La possibilità della maggiorazione del canone, nel corso del rapporto, collegata sinallagmaticamente all’ampliamento della controprestazione, è stata invero ritenuta legittima da questa Corte stessa (sent. n. 8377/1992).

Nel caso in esame, come si è visto, l’immobile locato nel (OMISSIS) ad esclusivo uso di colorificio non comportante contatti con il pubblico è stato utilizzato nel 1989 ad esercizio anche di attività di vendita al pubblico e, quindi, corretta s’appalesa la decisione della Corte territoriale che ha ritenuto legittima la pattuizione di un canone maggiore ravvisando la sussistenza di reciproche concessioni tra i contraenti.

L’aumento del canone, in questo caso, fu, come si fa rilevare, previsto e voluto in funzione di elemento costitutivo dell’equilibrio economico del sinallagma, secondo rispettivi calcoli di convenienza complessiva, muovendo dai quali i contraenti giunsero all’accordo.

Nel terzo motivo, inoltre, deduce la ricorrente che la Corte d’appello non ha neppure considerato che l’aumento del canone disposto con la “scrittura privata – patti aggiunti” (L. 1.500.000 a partire dal (OMISSIS) e L. 2.000.000 a partire dal (OMISSIS)) viola il divieto di aumento disposto dalla L. n. 392 del 1978, art. 79 ed è perciò nullo, per cui è legittima la sua richiesta di rimborso delle somme versate in più rispetto al canone legalmente dovuto.

Il motivo è da disattendere in quanto assorbito nel precedente.

Da disattendere è anche il quarto motivo relativo alla mancata ammissione del giuramento decisorio, poichè, attesa la legittimità del patto aggiunto, tale mancata ammissione finisce per essere irrilevante e assorbita.

Nel quinto motivo, per violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e art. 346 c.p.c. e vizi della motivazione, la ricorrente deduce che, avendo il Tribunale ritenuto che la scrittura (OMISSIS) non poteva rivestire natura novativa rispetto al contratto (OMISSIS), ed essendo tale decisione passata in giudicato, la scrittura privata (OMISSIS) non poteva essere considerata un nuovo contratto.

Senonchè non è su questa base che la Corte d’appello ha definito il giudizio.

Il patto (OMISSIS) non poteva essere considerato, e non è stato considerato, un contratto nuovo, essendo solo un patto integrativo, innestato sul contratto (OMISSIS).

In definitiva, dunque, il ricorso è rigettato. Compensate le spese del giudizio di legittimità per giusti motivi, in ragione della particolarita della fattispecie all’esame e della novità della decisione.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di Cassazione.
Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2008.
Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2009.

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