Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 16 aprile 2013, n. 9134
Che valenza ha una clausola che preveda l'aggiornamento automatico del canone nella misura del cinque percento annuo?
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIFONE Francesco – Presidente
Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere
Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere
Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 704/2008 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 863/2007 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 01/08/2007, R.G.N. 2198/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/02/2013 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Bologna il 30 novembre 2005 rigettava la domanda proposta da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) volta a far dichiarare la nullita’ della clausola di cui al contratto di locazione da lui stipulato come conduttore di un immobile ad uso abitativo con il (OMISSIS) – locatore – perche’ era stato pattuito un aumento annuo del canone pari al 5% e conseguente restituzione delle somme indebitamente percepite da esso locatore.
Il Tribunale statuiva per il rigetto in quanto era intervenuta una transazione tra le parti estesa anche al tema della controversia sottoposta al suo giudizio.
Su gravame del (OMISSIS) la Corte di appello di Bologna il 4 aprile 2007 ha riformato la sentenza di prime cure.
Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione il (OMISSIS), affidandosi a tre motivi.
Resiste con controricorso il (OMISSIS).
Il ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.-La sentenza impugnata ha riformato quella del Tribunale dichiarando la nullita’ della clausola n. 5 del contratto di locazione sottoscritto in data 8 luglio 1993 nella parte recante la previsione di aggiornamento annuale automatico del canone in ragione del 5% dell’anno precedente: contratto stipulato tra (OMISSIS) e (OMISSIS).
Ha osservato il giudice dell’appello:
a) il tenore letterale della transazione prodotta in causa, nella quale il (OMISSIS) formulava rinuncia alla impugnazione della sentenza di primo grado e il locatore rinunciava a riassumere l’opposizione presso terzi con conseguente compensazione delle spese induceva a ritenere che con l’atto le parti intesero transigere, ma non regolare nuovamente e diversamente il rapporto locatizio;
b) nell’atto transattivo era omesso ogni e qualsiasi riferimento a nuova intesa circa l’aggiornamento del canone per cui era “arduo”, come invece ritenuto dal Tribunale, sostenere la portata modificativa o estintiva dell’originaria fattispecie;
c) la Legge n. 392 del 1978, articolo 24 era applicabile anche ai c.d. patti in deroga e, quindi, andava caducata ex articolo 79 della legge citata (p.5-7 sentenza impugnata).
Contro questo argomentare il (OMISSIS) insorge con il presente ricorso e al riguardo il Collegio osserva quanto segue.
2.-In punto di fatto e’ pacifico tra le parti che fu concluso un contratto di locazione secondo la disciplina dei c.d. patti in deroga ed era previsto un aggiornamento del canone nella misura del 5%.
Nella pendenza del contratto ebbe luogo una transazione che concludeva le controversie tra il (OMISSIS) e la s.r.l. (OMISSIS), concernente opposizione all’esecuzione in una controversia tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS) circa la risoluzione della locazione.
Nell’atto transattivo il (OMISSIS) rinunciava ad impugnare la sentenza di primo grado RG. n. 3697/01 che portava condanna del (OMISSIS) alle spese di lite e il (OMISSIS) rinunciava alla prosecuzione del giudizio di opposizione all’esecuzione “Tale rinuncia agli atti comporta anche rinuncia all’azione di risoluzione da parte del (OMISSIS) e ad ogni ulteriore pretesa fatta valere dal Sig. (OMISSIS) con l’opposta esecuzione. Sempre con eventuale accettazione dell’altrui rinuncia” (p.6-7 ricorso).
Ad illustrazione della censura viene formulato il seguente quesito di diritto (p.8):
Se la transazione intervenuta tra le parti di un contratto di locazione, avente ad oggetto il pagamento dei canoni, precluda o meno alla parte locataria di sollevare una nuova questione in ordine alla determinazione dell’ammontare dei canoni medesimi”.
Cosi’ come formulato, il quesito non coglie la statuizione di cui a p.5 della sentenza impugnata e nel motivo si rinviene una valutazione che involge accertamenti in fatto.
Peraltro, esso e’ infondato perche’ la sentenza ha escluso che la rinuncia del (OMISSIS) si estendesse anche a tale questione (v. p. 4 sentenza impugnata).
E cio’ dovendosi sottolineare, inoltre, come e’ noto, la clausola contrattuale che preveda l’aggiornamento automatico del canone su base annua senza necessita’ di richiesta espressa del locatore e’ affetta da nullita’ in base al comb. disp. della Legge n. 392 del 1978, articoli 24 e 29 perche’ il Decreto Legge n. 333 del 1992, articolo 11 convertito in Legge n. 359 del 1992, al comma 2 ultima parte stabilisce che per detti contratti resta ferma l’applicabilita’ della disciplina della Legge n. 392 del 1978, articoli 24 e 30 (Cass. n. 2884/05).
3. – Con il secondo motivo (erroneita’ della sentenza per avere ritenuto che la clausola in questione fosse una clausola di aggiornamento ISTAT – violazione e falsa applicazione di norme di legge (articolo 1362 c.c. – Legge n. 392 del 1978, articolo 24 – Decreto Legge n. 333 del 1992, articolo 11, cosi’ come modificato in sede di conversione dalla Legge 8 agosto 1992, n. 359) il ricorrente afferma che la clausola di cui al n. 5 del contratto non e’ una clausola di aggiornamento ISTAT, in quanto prevede l’aumento annuale del 5% del canone e a suo avviso il contenuto di essa corrisponderebbe alla precisa volonta’ delle parti, che convenivano che il conduttore, nell’ambito delle complesse di determinazione del canone locatizio, si sarebbe impegnato ad eseguire interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, cosi’ come risulta dagli allegati al suddetto contratto (p.8-10 ricorso).
Ad illustrazione della censura vengono formulati i seguenti quesiti di diritto.
1) Se sia o meno configurabile e ammissibile una clausola contenuta in un contratto di locazione ad uso abitativo, stipulato a norma del Decreto Legge n. 333 del 1991, articolo 11, convertito con modifiche dalla Legge 8 agosto 1992, n. 359 (c.d. patti in deroga), che prevede, nell’ambito della facolta’ di libera determinazione del canone riconosciuta alle parti, una forma di aumento attuale del canone di locazione diversa da quella prevista dalla Legge n. 392 del 1978, articolo 24″.
2) Se si debba o meno ritenere la sussistenza di una simile clausola tutte le volte in cui le parti, per il tenore letterale della clausola e per il loro comportamento successivo alla stipulazione, non si siano mai riferiti ad alcun indice ISTAT”.
Sia la redazione della censura che i relativi quesiti ritiene il Collegio che non abbiano pregio.
Infatti, il giudice dell’appello ha esaminato attentamente il c.d. contratto transattivo, nel quale non ha rinvenuto alcun riferimento alla clausola.
4. – Con il terzo motivo (erroneita’ della sentenza per avere ritenuto che il richiamo operato dal Decreto Legge n. 333 del 1992, articolo 11, cosi’ come modificato in sede di conversione dalla Legge 8 agosto 1992, n. 359, alla Legge n. 392 del 1978, articolo 24 comporti anche l’applicazione della Legge n. 392 del 1978, articolo 79 ai c.d. patti in deroga-violazione e falsa applicazione di norme di legge (articolo 1362 c.c. – Legge n. 392 del 1978, articolo 24 – articolo 11 del Decreto Legge, cosi’ come modificato in sede di conversione dalla Legge 8 agosto 1992, n. 359 – Legge n. 392 del 1978, articolo 79) il ricorrente assume che vista la tipologia contrattuale prescelta dalle parti il giudice non poteva ricorrere alla sanzione di nullita’ prevista dalla Legge n. 392 del 1978, articolo 79, e cio’ anche perche’ il contratto di locazione di cui e’ causa era stato sottoscritto con l’assistenza delle associazioni di categoria, attuandosi in tal modo un vero e proprio controllo di legittimita’ sulle pattuizioni delle parti.
Ad illustrazione della censura viene formulato il seguente quesito di diritto.
“Se ad un contratto di locazione ad uso abitativo, stipulato anche con l’assistenza delle organizzazioni di categoria, a norma del Decreto Legge n. 333 del 1992, articolo 11, convertito con modifiche dalla Legge 8 agosto 1992, n. 359, c.d. patti in deroga, sia applicabile la Legge n. 392 del 1978, articolo 79) La censura con il relativo quesito sono da disattendere. Infatti, la Legge n. 359 del 1992, articolo 11 richiama proprio la Legge n. 392 del 1978, articolo 24 e, quindi, chiaramente esprime la non derogabilita’ della norma sul punto.
Di vero, in questo caso non si discute della nullita’ del contratto, che essendo extralegale solo rispetto alla nullita’ della clausola ha seguito, come doveva seguire, tutti gli incombenti idonei a farlo stipulare (per inciso, la risoluzione a suo tempo non fu richiesta), tra i quali e’ compresa la presenza delle organizzazioni di categoria, che come riconosce lo stesso ricorrente, stante il dictum della Corte cost. n. 309/86, non e’ indispensabile ai fini della nullita’ del contratto, la stessa presenza certamente non rileva in senso opposto allorche’ si intenda eludere la normativa espressamente inderogabile, come quando nello stesso contratto si inserisce una clausola come quella in esame.
Conclusivamente, il ricorso va respinto e le spese che seguono la soccombenza vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in euro 3.200/00 di cui euro 200 per spese, oltre accessori come per legge.