Corte di Cassazione, Sezione 3 Civile, Sentenza 7 febbraio 2013, n. 2971
Può il conduttore non pagare il canone se effetta opere di riparazione necessarie ed urgenti? A chi l'onere dela prova?
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – Presidente
Dott. AMATUCCI Alfonso – rel. Consigliere
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 17390/2007 proposto da:
CONGREGAZIONE ARMENA MECHITARISTA, in persona dell’Abate Generale e legale rappresentante pro tempore (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 5464/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 05/05/2006 R.G.N. 6622/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/01/2013 dal Consigliere Dott. ALFONSO AMATUCCI;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUCCI Costantino, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.- Nel 2001 la Congregazione Armena Mechitarista chiese che fosse giudizialmente pronunciata la risoluzione, per inadempimento della conduttrice che aveva apportato al bene locato modifiche non necessarie e non consentite, del contratto di locazione di un immobile gia’ adibito ad educandato e da destinare ad albergo.
La convenuta resistette ed il Tribunale di Roma rigetto’ la domanda con sentenza del 2004.
2.- La Corte d’appello di Roma ha respinto il gravame della soccombente Congregazione locatrice con sentenza n. 5464/05, pubblicata il 5 maggio 2006, avverso la quale la Congregazione ricorre per cassazione affidandosi a tre motivi.
La conduttrice (OMISSIS) resiste con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.- La sentenza e’ censurata:
a) col primo motivo, per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine alla ravvisata genericita’ dei fatti, integranti inadempimento della conduttrice, prospettati dalla locatrice a fondamento della domanda di risoluzione e risarcimento tramite riduzione in pristino, sostenendosi che essi erano invece ben individuabili gia’ nell’atto introduttivo (incremento di un terzo della capacita’ ricettiva dell’edificio e distruzione della cappella consacrata);
b) col secondo, per violazione o falsa applicazione degli articoli 116, 117 c.p.c. e articolo 2730 c.c., nonche’ per gli stessi tipi di vizi della motivazione di cui al primo motivo per avere la Corte di merito omesso di considerare le censure mosse con l’atto di appello, nonche’ per aver concluso che mancasse la prova dell’originaria esistenza di una cappella consacrata sulla base delle dichiarazioni rilasciate in sede di libero interrogatorio dalla stessa conduttrice, che pure aveva riconosciuto la presenza di un altare, e delle dichiarazioni di un teste malamente interpretate;
c) col terzo motivo, per violazione o falsa applicazione degli articoli 1322, 1362, 1363, 2697 c.c., nonche’ per i medesimi tipi di vizi della motivazione di cui ai precedenti motivi, per avere la Corte territoriale rigettato l’appello sulla scorta del rilievo che erano state autorizzate le opere necessarie al cambio d’uso, ma omettendo di considerare che per le addizioni ed i miglioramenti era contrattualmente prevista la necessita’ dell’autorizzazione scritta della locatrice.
2.- Tutte le censure relative ai denunciati vizi della motivazione sono inammissibili per assoluto difetto del momento di sintesi prescritto dall’articolo 366 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis) anche in relazione al caso previsto dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
2.1.- Il secondo motivo e’ corredato dal seguente quesito di diritto: “se il Giudice, nella valutazione della prova, puo’ attribuire efficacia di piena prova alle dichiarazioni, a se’ favorevoli, rese dall’interrogato”.
La relativa censura (di violazione di legge) e’ inammissibile per l’inconferenza del quesito rispetto al caso di specie, connotato dall’affermazione della Corte d’appello (a cavallo delle pagine 2 e 3 della sentenza) che la (OMISSIS) aveva escluso l’esistenza della cappella anche in sede di interrogatorio, sicche’ infondatamente l’appellante locatrice aveva invece sostenuto che anche l’interrogatorio della (OMISSIS) confermasse tale circostanza.
2.2.- In ordine alla censura di violazione di legge di cui al terzo motivo il quesito di diritto e’ il seguente: “se, a fronte di previsione contrattuale abilitante il conduttore all’esecuzione delle opere necessarie al cambio d’uso, l’onere di dimostrare siffatta necessita’ spetti al conduttore che l’abbia affermata, ovvero al locatore che l’abbia negata”.
Nello scrutinare il terzo motivo d’appello, la Corte territoriale (nella seconda parte di pagina 3 e nelle prime 9 righe di pag. 4) per un verso nega che la clausola concernente i lavori necessari alla trasformazione in albergo (che non necessariamente integrano addizioni e miglioramenti) prevedesse la necessita’ di un’autorizzazione scritta e per altro verso afferma che l’autorizzazione era stata comunque data in quella forma dal legale rappresentante della locatrice. Solo dopo tali, rilievi pone in rilievo che era comunque mancata la prova dell’eccedenza dei lavori eseguiti rispetto all’ampia clausola contrattuale contrassegnata dal n. 3, affermando che il relativo onere gravava sulla locatrice.
La questione che si pone non e’ allora quella relativa alla violazione, in buona sostanza prospettata dalla ricorrente, del generale principio secondo il quale il creditore puo’ limitarsi ad allegare l’inadempimento, spettando poi al debitore l’onere di provare di avere adempiuto, ma piuttosto quella della dimostrazione dello specifico contenuto dell’obbligazione che si assume inadempiuta dal debitore e che va appunto delineato dal creditore, costituendo l’ineludibile presupposto logico della possibilita’ del debitore di provare il proprio adempimento.
3.- Il ricorso va conclusivamente respinto. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in euro 4.200,00, di cui euro 4.000,00 per compensi.