Cassazione Penale, Sezione V, Sentenza 07 febbraio 2012 n. 23598
Come può difendersi l'amministratore accusato di lanciare epiteti ingiuriosi?
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MARASCA Gennaro – Presidente -
Dott. DE BERARDINIS Silvana – Consigliere -
Dott. BRUNO Paolo A. – Consigliere -
Dott. LAPALORCIA Grazi – rel. Consigliere -
Dott. SABEONE Gerardo – Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) T.A. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 35/2010 TRIBUNALE di TORINO, del 13/12/2010;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/02/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRAZIA LAPALORCIA;
udito il P.G. in persona del Dott. D’ANGELO Giovanni che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
Con sentenza del 13-12-2010 il Tribunale di Torino, confermando quella del Giudice di pace di Moncalieri in data 2-10-200, affermava la responsabilità di T.A. per più episodi di ingiuria (10 e 24-3-2005, capo a; 31-5-2005, capo b) nei confronti di B.P.C..
I fatti si inserivano nel contesto di rapporti assai tesi tra i due, dovuti al fatto che B. si era in più occasioni rivolto all’autorità giudiziaria affinché l’imputato, amministratore dei suo condominio, fosse condannato a mettergli a disposizione la documentazione attinente alla gestione condominiale.
L’imputato ha proposto ricorso tramite il difensore, avv. G. Gribaudi, con tre motivi.
1) Vizio di motivazione per essere stati trascurati atti del processo (al ricorso sono allegati i verbali del dibattimento dinanzi al giudice di pace) che avrebbero dovuto portare all’assoluzione perchè il fatto sussiste quanto al capo a), ai sensi dell’art. 599 c.p., comma 1 o comma 2, quanto al capo b). Infatti, quanto al capo a), non si era tenuto conto delle dichiarazioni della figlia, e soda, dell’imputato, la quale aveva escluso che questi avesse pronunciato espressioni ingiuriose nei confronti del B., dichiarazioni credibili in quanto la teste aveva invece ammesso che il padre aveva ingiuriato la p.o. – indicando le ingiurie come reciproche – in occasione del fatto sub b). Quanto al capo b), il tribunale aveva trascurato che dalle deposizioni dei presenti emergeva che le offese erano state reciproche e che comunque T. aveva agito nello stato d’ira determinato dal fatto ingiusto della p.o., la quale aveva tenuto un comportamento contrario alle norme del vivere civile.
Infatti B. da anni chiedeva ai vari amministratori condominiali di consultare la documentazione, salvo poi non ritirare la corrispondenza contenente la stessa. Per questo l’imputato aveva organizzato l’incontro del 31 maggio alla presenza di testimoni, nel quale B. si era comportato in modo provocatorio, avendo riconosciuto in dibattimento di non aver neppure aperto le cartelline esposte sulla scrivania, contenenti i documenti originali, e che, per questo motivo, l’imputato, indispettito, lo aveva offeso. Intento provocatorio confermato dalla stessa ammissione della persona offesa di non essere stato lui, dopo la conclusione del giudizio civile, a chiedere l’esibizione, ma T. ad offrirgliela. Secondo il ricorrente, ricorreva quindi la provocazione, in quanto B., come risultava dalle deposizioni dei presenti, aveva preteso di controllare parola per parola che le copie corrispondessero agli originali, per di più accusando T. di falsificare i documenti.
2) Inosservanza della legge penale in relazione agli artt. 59 e 599 cod. pen. e contraddittorietà della motivazione in quanto il tribunale, dopo aver affermato che le ingiurie erano intervenute perchè l’imputato, come da lui ammesso, irritato per la scrupolosità con la quale la p.o. controllava parola per parola i documenti, aveva interpretato tale atteggiamento come un’offesa, aveva poi contraddittoriamente escluso la ricorrenza dell’esimente.
3) Mancanza di motivazione sull’ultimo motivo di appello, inerente all’esimente putativa. La richiesta era quindi di annullamento della sentenza.
Diritto
Il ricorso è infondato e va disatteso.
1. La prima doglianza, dietro l’apparente denuncia di vizio della motivazione, si traduce nella sollecitazione di un riesame del merito attraverso la rinnovata valutazione degli elementi probatori acquisiti. Riesame che esula dal controllo di legittimità, deputato e limitato alla verifica della tenuta della motivazione, esclusa la rivisitazione del materiale probatorio, spettante al giudice di merito.
L’allegazione al ricorso dei verbali del dibattimento di primo grado, non fa poi che confermare tale conclusione, dimostrando che il tribunale di Torino, preso atto del complessivo quadro probatorio (ivi comprese le dichiarazioni della figlia e soda del T.), aveva fornito ragionata contezza delle scelte eseguite e del privilegio accordato a taluni elementi probatori rispetto ad altri, ritenendo di valorizzare le deposizioni dei presenti agli incontri maggiormente in linea con la versione della p.o., la cui attendibilità discendeva dal rilievo della forte tensione che contrassegnava i rapporti tra le parti.
1.1 Ancora più evidente l’utilizzo del gravame in funzione di sollecitazione ad una non consentita rilettura del materiale probatorio, laddove il ricorrente, con riferimento al reato di cui al capo b), addebita alla sentenza impugnata l’omessa considerazione di elementi dai quali risulterebbe la reciprocità delle offese, o, in alternativa, la provocazione, a fronte di puntuale percorso argomentativo a sostegno della esclusione della ricorrenza della prima scriminante, sulla base del testimoniale assunto, della seconda, sull’ineccepibile rilievo che, per quanto B. si fosse comportato in modo pignolo e diffidente, non risultava integrato il fatto ingiusto dal momento che le sue pretese di verifica della gestione condominiale, erano state ritenute legittime in sede giudiziaria.
2. Nè, contrariamente a quanto prospettato con il secondo ed il terzo motivo, sono ravvisabili violazione di legge, oppure mancanza o contraddittorietà della motivazione in ordine alla esclusione della provocazione putativa, risultando dalla combinata lettura della decisione gravata e di quella di primo grado – in virtù del canone ermeneutico della necessaria congiunta valutazione di esse che, ai fini del vaglio di congruità e completezza della motivazione, si integrano vicendevolmente -, come, ad onta della scrupolosità con la quale la p.o. aveva controllato i documenti, non fosse ragionevole per l’imputato, esperto amministratore condominiale, ritenere offensivo, e quindi fatto ingiusto, tale atteggiamento. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2012.
Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2012.