Corte di Cassazione, Sezione II civile, Sentenza 12 novembre 2012, n. 19615
Quando l'uso della cosa comune si configura come illecito?
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente
Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere
Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere
Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 28058-2006 proposto da:
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), (OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
- ricorrenti -
contro
(OMISSIS), (OMISSIS);
- Intimati -
avverso la sentenza n. 324/2005 del TRIBUNALE di LUCERA, depositata il 03/10/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/10/2012 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;
udito l’Avvocato (OMISSIS) con delega depositata in udienza dell’Avv. (OMISSIS) difensore dei ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(OMISSIS) e (OMISSIS) con atto di citazione del 9 novembre 2002 proponevano appello avverso la sentenza n. 7 del 2002 con la quale il Giudice di Pace di Troia rigettava la domanda proposta dagli stessi con cui chiedevano, previo accertamento della proprieta’ comune dell’androne del complesso condominiale sito in (OMISSIS), che venisse ordinato ai convenuti di astenersi dall’utilizzo dell’androne per la sosta ed il parcheggio delle autovetture di loro appartenenza. Lamentavano gli appellanti che il Giudice di pace avesse ritenuto non provata la circostanza del godimento peculiare dell’androne da parte del (OMISSIS) e dell’ (OMISSIS), originari convenuti, e che tale godimento determinasse la lesione dei diritti degli attori. Chiedevano, pertanto, una radicale riforma della sentenza di primo grado e previo accertamento della proprieta’ comune dell’androne, la condanna dei convenuti a non utilizzare l’androne per la sosta delle loro autovetture.
Si costituivano i convenuti (OMISSIS) e (OMISSIS) chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza di primo grado. Esponevano che, correttamente, il primo giudice aveva ritenuto che il posteggio sporadico e non continuativo del loro autoveicolo non ledeva i diritti degli attori appellanti, ne’ aveva alterato la naturale destinazione dell’androne.
Il Tribunale di Lucera, con sentenza n. 324 del 2005, accoglieva l’appello e riformava la sentenza di primo grado, inibiva al (OMISSIS) e all’ (OMISSIS) la sosta ed il parcheggio nell’atrio d’ingresso del complesso edilizio sito in (OMISSIS); condannava gli appellati in solido al pagamento delle spese di entrambi i gradi del giudizio. A sostegno di questa decisione il Tribunale di Lucera osservava: a) l’atrio, nel quale gli attori appellanti assumevano che i convenuti appellati parcheggiavano le loro autovettura, era un bene condominiale: b) che i convenuti per loro stessa ammissione parcheggiavano abitualmente le loro autovetture nell’atrio d’ingresso del suddetto edificio.
La cassazione di questa sentenza e’ stata chiesta da (OMISSIS) e (OMISSIS) con ricorso affidato a tre motivi, illustrati con memoria. (OMISSIS) e (OMISSIS), regolarmente intimati in questa fase, non hanno svolto alcuna attivita’ difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli articoli 1102, 1120, 1136 e 1138 c.c. articoli 115, 116 c.p.c. nonche’ motivazione insufficiente, illogica e contraddittoria in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Secondo i ricorrenti il Tribunale di Lucera avendo escluso la possibilita’ che l’atrio di cui in narrativa fosse utilizzato dai condomini per parcheggiarvi proprie autovetture anche solo momentaneamente, avrebbe apertamente violato il disposto di cui all’articolo 1102 c.c. che e’ diretto ad assicurare al singolo partecipante, nell’esercizio concreto del suo diritto, le maggiori possibilita’ di godimento della cosa servendosi di essa anche per fini esclusivamente propri traendone ogni possibile utilita’ non potendosi la nozione di uso paritetico intendersi in termini di assoluta identita’ di utilizzazione della res perche’ una lettura in tal senso della norma de qua, in una dimensione spaziale e temporale, comporterebbe il sostanziale divieto per ciascun condomino di fare della cosa comune qualsiasi uso particolare a proprio vantaggio. Piuttosto sostiene ancora il ricorrente ciascun condomino ha diritto all’uso promiscuo delle parti comuni: ogni condomino, cioe’, puo’ servirsi del bene condominale nella sua interezza e in qualsiasi momento, poiche’ sarebbe ammesso l’uso promiscuo della parte comune non avendo rilevanza la misura del godimento al valore della quota di condominio ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1101 cod. civ.. A sostegno di questa censura i ricorrenti richiamano alcune sentenza di questa Corte ed in particolare la sentenza n. 12344 del 05/12/1997 e la sentenza n. 1956 del 22/07/1964, intervenute in materia di uso dei beni comuni da parte dei singoli condomini. 1 principi espressi da queste sentenze, secondo i ricorrenti, legittimerebbero l’utilizzazione dell’atrio condominiale di cui si dice, considerato, anche, che detta utilizzazione aveva prodotto un’occupazione modesta della sua superficie costituita da angoli morti non utilizzabili o non utilizzati senza in alcun modo impedire l’accesso all’edificio, cosi’ come ai locali siti al piano terra e cio’, anche, con mezzi meccanici. Tale situazione sarebbe stata documentata dalle foto che sono state depositate nel corso del giudizio che pero’ non sarebbero state esaminate, ne’ considerate dal Tribunale, il quale per cio’ stesso e’ incorso nel vizio di omesso esame di un punto decisivo della controversia.
1.1. Il motivo e’ infondato.
Come correttamente ha evidenziato il Tribunale ai sensi dell’articolo 1102 cod. civ. l’uso della cosa comune da parte di ciascun partecipante e’ sottoposto a due limiti fondamentali, consistenti nel divieto di alterare la destinazione della cosa comune e nel divieto di impedire agli altri partecipanti di fame parimenti uso secondo il loro diritto. Pertanto, a rendere illecito l’uso basta il mancato rispetto dell’una o dell’altra delle due condizioni, sicche’ anche l’alterazione della destinazione della cosa comune determinata non soltanto dal mutamento della funzione, ma, anche dal suo scadimento in uno stato deteriore, ricade sotto il divieto stabilito dall’articolo 1102 cod. civ.. Ed e’ questo un orientamento pacifico nella giurisprudenza di questa Corte considerato che lo stesso principio e’ espresso nelle stesse sentenze richiamate dai ricorrenti, come emerge da una lettura integrale delle stesse.
12- A sua volta la Corte di merito ha accertato che il parcheggio delle automobili nell’atrio di cui si dice non rispondeva alla funzione cui lo stesso era destinato: a) quella di permettere ai pedoni di accedere ad un piccolo cortile per raggiungere gli appartamenti ovvero per accedere ai locali a piano terra, e b) considerate le dimensioni del portone d’ingresso e la larghezza dell’atrio, quella di consentire il transito di autovetture per il ricovero nei locali siti al piano terreno. La Corte di merito ha escluso altresi’, -con accertamento di merito non sindacabile in Cassazione – che la funzione dell’atrio fosse, anche, quella di consentire ai condomini di parcheggiarvi anche solo momentaneamente le autovetture. E di piu’, la Corte ha accertato: a) che le due autovetture parcheggiate vicino ad una parete dell’atrio impedivano quasi del tutto che la persona interessata potesse avvicinarsi al contenitore in alluminio fissato alla parete che ospita i contatori del gas; b) che il parcheggio, sia pure di una sola auto, sviliva le peculiarita’ dell’atrio, di particolare pregio facente parte di un palazzo antico e prestigioso tanto da essere denominato “(OMISSIS)”.
Pertanto, nel caso concreto sussistevano entrambi gli elementi: mutamento della funzione e scadimento in uno stato deteriore del bene, che giustificano e rendono pienamente legittima la decisione di escludere il diritto dei condomini di utilizzare l’atrio di cui si dice per posteggiare anche temporaneamente le proprie macchine,
2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli articoli 1102, 1120, 1136 e 1138 c.c., nonche’, motivazione insufficiente, illogica e contraddittoria in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Avrebbe errato il Tribunale secondo i ricorrenti nel ritenere che il parcheggio delle autovetture nell’atrio comune ad opera dei sigg. (OMISSIS) – (OMISSIS) altererebbe il decoro architettonico del fabbricato, perche’ puo’ essere invocata una presunta lesione del fabbricato in quanto non esiste ne’ e’ stata provata una intervenuta alterazione delle caratteristiche estetiche dell’edificio. Piuttosto, chiariscono i ricorrenti, l’articolo 1120 c.c. nel far divieto di alterare il decoro architettonico dell’edificio in condominio, tutela la linea armonica dello stabile che non deve essere pregiudicata da nuove opere, opere queste ultime che vanno ad incidere sulle strutture ornamentali dell’edificio, ovvero, sulla sua determinata e armonica fisionomia. Tuttavia, il criterio estetico andrebbe sempre secondo i ricorrenti – contemperato con quello utilitaristico dovendosi considerare lecita l’innovazione che pur importando un’alterazione architettonica di non grave ed appariscente entita’ si accompagni, tuttavia, ad un’utilita’ che compensi tale alterazione. E comunque, concludono i ricorrenti, lo sosta nell’androne ad opera dei sigg. (OMISSIS) (OMISSIS) non determinava alcun spostamento prospettico o alterazione dei rapporti geometrici tra gli elementi architettonici, ne’ andava ad incidere sull’armonia complessiva dell’edificio, cioe’, sul complesso delle sue linee e delle sue forme, onde non puo’ ritenersi contraria al decoro architettonico nell’accezione legale del termini. In ogni caso la sosta nell’androne non e’ visibile esternamente.
2.1. Il motivo e’ inammissibile.
A ben vedere le suesposte censure, sono rivolte ad un preteso iter argomentativo che non appartiene alla sentenza impugnata. Come e’ agevole cogliere i ricorrenti sostengono che il Tribunale di Lucera abbia ritenuto che il posteggio delle auto nell’atrio dell’immobile di cui si dice alterasse il decoro architettonico del fabbricato, quando il Tribunale ha ritenuto piu’ semplicemente che “il parcheggio di un’autovettura in un atrio siffatto (cioe’, in un atrio di particolare pregio) determina inevitabilmente un suo scadimento, svilendo le sue caratteristiche esteriori” aggiungendo che la presenza di numerose macchie di olio sul pavimento in corrispondenza dei cofani delle due autovetture sviliva la peculiarita’ dell’atrio. Pertanto, il Tribunale non ha posto in rapporto – come hanno ritenuto i ricorrenti – il posteggio delle macchine con l’estetica e l’architettura dell’edificio nel suo complesso, ma, semplicemente, ha posto in relazione il posteggio di cui si dice con le peculiarita’ e le caratteristiche proprie dell’atrio, ritenendo (con valutazione di merito non censurabile in cassazione perche’ logica e convincente), che il posteggio di quelle macchine interrompesse l’originaria e naturale armonia architettonica dell’atrio.
3. Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli articoli 1102, 1120, 1136 e 1138 c.c., nonche’ motivazione superficiale illogica e contraddittoria in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Secondo i ricorrenti, la sentenza impugnata andrebbe annullata perche’ il Tribunale di Lucera avrebbe inibito l’uso dell’atrio comune per il parcheggio dell’autovettura di proprieta’ dei sigg. (OMISSIS) (OMISSIS) in assenza di ogni elemento di prova da cui potesse emergere che detto uso fosse pregiudizievole per essi (OMISSIS).
3.1. Il motivo rimane assorbito dagli altri precedenti avendo gia’ considerato che il Tribunale di Lucera ha chiarito che il parcheggio di cui si dice impediva, comunque, ai (OMISSIS) e agli altri condomini interessati di avvicinarsi al contenitore di alluminio fissato al muro e contenente i contatori del gas, cioe’, impediva di utilizzare correttamente lo spazio dell’atrio. In definitiva, il ricorso va rigettato, non occorre provvedere al regolamento delle spese perche’ (OMISSIS) e (OMISSIS) regolarmente intimati, in questa fase, non hanno svolto alcuna attivita’ difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.