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Federproprietà AbruzzoCasi particolari giurisprudenza LocazioneTribunale Aosta Civile, Sentenza del 6 giugno 2011, n. 278

Tribunale Aosta Civile, Sentenza del 6 giugno 2011, n. 278

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI AOSTA SEZIONE CIVILE In persona del Giudice Dott.ssa Anna Bonfilio in funzione di giudice unico ha pronunciato la seguente SENTENZA nella […]

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI AOSTA
SEZIONE CIVILE

In persona del Giudice Dott.ssa Anna Bonfilio in funzione di giudice unico ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. 1335.09 del ruolo generale Affari Contenziosi Civili promossa da:

Gi.Fe. nato il (…), e residente in Rue (…) – Chatillon, elettivamente domiciliato in via (…) – Aosta, presso e nello studio dell’avv. Da.Ma. che lo rappresenta e difende;

Ricorrente

contro:

Bo.Le. nato il (…) residente in Rue (…) – Chatillon,

Bo.Wa. residente in Rue (…) – Saint Vincent;

entrambi domiciliati ad Aosta, via (…), presso lo studio dell’Avv. Da.Pa. che li rappresenta e difende.

In punto: locazione, ripetizione somme eccedenti equo canone.

FATTO E DIRITTO

Con ricorso depositato in data 16.07.2009 la sig.ra Fe.Gi. esponeva di aver concluso verbalmente contratto di locazione con la sig.ra Li.St., con decorrenza 16.08.1994, relativamente a mansarda ad uso abitativo sita in Chatillon, Rue (…), in comproprietà della locatrice e del sig. Le.Bo. per quote eguali, al canone mensile di Lire 900.000. Riferiva peraltro che, a seguito di decesso della locatrice avvenuto nell’autunno del 2008, erano quindi succeduti nel rapporto il marito ed il figlio della sig.ra Bo., sigg. Le. e Va.Bo., che, con missiva in data 4.02.2009, per il tramite del rag. Cl.Fi., le avevano comunicato quindi disdetta della locazione con effetto dal 30.04.2009, lamentando il mancato pagamento di talune mensilità del canone di locazione.

Assumeva tuttavia di avere quindi eccepito in compensazione dell’eventuale credito vantato dalla parte locatrice, il maggior credito derivante dalle differenze tra i canoni già versati e l’equo canone applicabile al contratto almeno: sino al 15.08.2002, per un ammontare pari alla suddetta data ad Euro 43.079,90. Assumeva infatti che il rapporto fosse soggetto a disciplina vincolistica ex lege n. 392/78, risultando perciò nulla la previsione di un termine di durata infrannuale, dovendosi ritenere invece soggetto a durata quadriennale, tacitamente rinnovabile per un ulteriore quadriennio, sicché, in mancanza di disdetta alla prima scadenza del 15.08.1998, la locazione risultava quindi prorogata sino al 15.08.2002 e solo da tale data soggetta eventualmente alla nuova disciplina introdotta con legge n. 431/1998, entrata in vigore in data 31.12.1998, dopo la prima scadenza contrattuale. Chiedeva perciò accertarsi l’applicabilità al rapporto della disciplina ex lege n. 392/78 per l’intera durata della locazione ovvero almeno sino al 15.08.2002, accertarsi quindi la nullità delle clausole volte a limitare la durata legale del rapporto ed a determinare il canone in misura eccedente quella dell’equo canone ed accertarsi quindi il canone applicabile ex lege al rapporto; chiedeva infine condannarsi i locatori alla restituzione delle somme percepite in eccedenza all’equo canone, nella misura di Euro 43.079,00 od in quella diversa da accertarsi, al netto dell’eventuale debito a suo carico per canoni dovuti, oltre interessi e rivalutazione dalle singole scadenze al saldo; con vittoria delle spese del giudizio.

Si costituivano nel giudizio i sigg. Le. e Va.Bo., contestando ogni avversa doglianza e pretesa, assumendo l’inapplicabilità della disciplina vincolistica in materia di equo canone nel Comune di Chatillon, assumendo peraltro ormai abrogata la norma ex art. 79 della legge n. 392/78 relativa alla facoltà per il conduttore di chiedere il rimborso delle somme versate in eccedenza all’equo canone dovuto, eccependo comunque l’intervenuta prescrizione del diritto relativo decorsi ormai dieci anni dall’abrogazione della norma richiamata. Assumevano peraltro che il canone concordato fra le parti dovesse intendersi comprensivo dell’uso del mobilio contenuto nell’immobile concesso in locazione e del rimborso forfettario delle spese accessorie al rapporto, ivi comprese quelle di riscaldamento. Chiedevano pertanto rigettarsi ogni pretesa attorea, chiedendo in via riconvenzionale dichiararsi risolto il contratto per inadempimento della conduttrice, con conseguente condanna della ricorrente al rilascio dell’immobile ed al pagamento dei canoni scaduti sino al 31.10.2009 e di quelli a scadere sino al rilascio, oltre interessi dalle singole scadenze al saldo; con vittoria degli oneri di lite.

Ammessa parzialmente la prova orale dedotta dalla parte resistente, il Giudice disponeva altresì ex art. 213 c.p.c. l’acquisizione di informazioni dal Comune di Chatillon in merito all’applicabilità nel suo territorio della disciplina vincolistica ex lege n. 392/78. Provvedeva quindi all’escussione dei testi sigg. An.Do. e Br.Ha. e disponeva inoltre C.T.U. per la verifica dei presupposti per l’applicabilità nel territorio del Comune di Chatillon della disciplina dell’equo canone e, in caso di riscontro positivo al primo quesito, per la determinazione dell’equo canone dovuto per la locazione dell’immobile in contestazione dall’inizio del rapporto sino al presente, tenuto conto degli aumenti del canone stesso per variazione dell’indice Istat in materia applicabile, nominando per l’incarico il Geom. Mi.Fr. Assunti quindi chiarimenti dalla C.T.U. nominata, dopo il deposito di relazione peritale, il Giudice invitava le parti alla discussione, pronunciando infine, all’udienza dell’1.06.2011, la presente sentenza.

Rileva anzitutto il Tribunale che, alla luce degli accurati riscontri acquisiti dalla C.T.U. nominata nel corso del giudizio, è in effetti emerso in specie che “nei quinquenni 1.01.1973/31.12.1977, 1.01.1978/31.12.1982 e 1.01.1988/31.12.1992 le variazioni in aumento della popolazione residente nel Comune di Chatillon sono state superiori a quelle medie valutate sul piano nazionale, mentre nel quinquennio 1983/1987 sono state inferiori”. Ritenuto, dunque, che “al contratto di locazione debba applicarsi la disciplina giuridica vigente al momento genetico del rapporto senza che la stessa possa variare sino alla scadenza del contratto stesso” (cfr. Cass. civ. Sez. III, 14.12.2002 n. 17952) il rapporto di locazione tra le parti deve ritenersi perciò soggetto alla disciplina vincolistica ex lege n. 392/78. Il contratto in questione risulta peraltro stipulato in forma orale e successivamente registrato in data 2.09.1994 con descrizione dell’alloggio locato come “appartamento ammobiliato”, indicazione di una durata infrannuale e previsione di un canone mensile pari a Lire 900.000 (v. doc. n. 2 di parte ricorrente), né la parte locatrice risulta aver disdetto la locazione se non con comunicazione in data 4.02.2009 in riferimento alla scadenza indicata del 30.04.2009 (documento n. 3 di parte ricorrente).

Orbene, in applicazione della normativa ritenuta, dunque, applicabile al rapporto sin dalla sua costituzione deve ritenersi anzitutto certamente nulla la previsione di una durata infrannuale della locazione quale desumibile dalla denuncia di rapporto ai fini della sua registrazione. Ed infatti, in applicazione del dettato normativo ex art. 1 della legge n. 392/78, “la durata della locazione avente per oggetto immobili urbani ad uso abitazione non può essere inferiore a quattro anni. Se le parti hanno determinato una durata inferiore o hanno convenuto una locazione senza determinazione di tempo la durata si intende convenuta per quattro anni”. La prima scadenza del rapporto – alla data del 15.08.1998 – è intervenuta, perciò, in specie in epoca antecedente all’entrata in vigore della disciplina di cui alla legge 9.12.1998 n. 431 avvenuta in data 30.12.1998, sicché la locazione deve ritenersi rinnovata già per un quadriennio sino al 15.08.2002 e quindi nuovamente in seguito per quadrienni successivi, sino alla disdetta intimata dalla parte locatrice sono in data 4.02.2009, pur con erronea indicazione della scadenza del rapporto alla data del 30.04.2009, laddove, risultando il contratto in scadenza al 15.08.2010, risulta invece che la conduttrice ha di fatto rilasciato l’immobile locato già nel maggio 2010.

Resta tuttavia da chiarire se il rapporto così rinnovato debba ritenersi o meno soggetto alla disciplina originaria ex lege n. 392/78 ovvero alla nuova normativa introdotta ex lege n. 431/98.

Orbene, a norma del disposto ex art. 14, u.c., della Legge n. 431/98, “ai contratti per la loro intera durata ed al giudizi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi ad ogni effetto le disposizioni normative in materia di locazione vigenti prima di tale data”. Nondimeno, per effetto del disposto ex art. 2, u.c., della legge n. 431/98 “i contratti di locazione stipulati prima della data di entrata in vigore della presente legge che si rinnovino tacitamente sono disciplinati dal comma 1 del presente articolo”, secondo cui, dopo il primo quadriennio di durata della locazione – termine minimo di legge per la protrazione del rapporto -, i contratti sono automaticamente rinnovati per un ulteriore quadriennio laddove non ricorrano) particolari circostanze che giustifichino – e quindi legittimino – la disdetta del rapporto da parte del locatore, laddove invece, in applicazione della normativa previgente – legge n. 392/78 – la locazione era comunque suscettibile di libera disdetta da parte del locatore dopo la prima scadenza quadriennale del rapporto.

Assume, dunque, la parte resistente che, invalso per effetto della nuova normativa sopravvenuta un nuovo regime legale del contratto in relazione alla sua tacita rinnovazione, tale da comportare di fatto la protrazione del rapporto non già solo per un quadriennio – come secondo l’originaria pattuizione – bensì per un periodo complessivo di otto anni, ove non si voglia di fatto imporre in violazione del principio) di libertà negoziale una disciplina negoziale complessivamente assai più vincolante di quella liberamente prescelta dalle parti, che comporterebbe in effetti il protrarsi di un regime vincolistico nella determinazione del canone per un periodo di gran lunga superiore a quello in origine prevedibile, il rapporto come rinnovato ex art. 6, u.c., della legge n. 431/98, dovrebbe comunque intendersi come integralmente disciplinato dalla normativa sopravvenuta e quindi soggetto a libera negoziazione del canone. L’assunto non pare tuttavia condivisibile.

Non ignora in effetti il Tribunale che, riguardo all’interpretazione delle due norme transitorie richiamate, apparentemente almeno in parte contraddittorie, diverse letture hanno trovato credito nella giurisprudenza di merito, laddove tuttavia l’orientamento al riguardo da ultimo assunto dalla Suprema Corte suppone in effetti una coerente disamina della disciplina innovativa ex lege n. 431/98, nel rispetto sostanziale della libertà contrattuale delle parti e delle loro legittime aspettative in forza delle pattuizioni concluse.

Rileva infatti la Corte che “il contratto, quale contratto pacificamente in corso alla data di entrata in vigore della legge n. 431 del 1998 – ed avente in specie durata, come già rinnovato alla scadenza del 15.08.1998, fino al 15.08.2002 -, una volta entrata in vigore la l. n. 431 del 1998, rimase soggetto, ai sensi dell’art. 14, comma 5, alle disposizioni della legge n. 392 del 1978″, sicché “avrebbe potuto essere disdettato immotivatamente, ai sensi dell’art. della legge n. 392 del 1978, sei mesi prima di quella scadenza”, “nel contempo il contratto corrente tra le parti, in forza dell’art. 14, comma 5, continuò ad essere soggetto anche alla norma dell’art. 79 e, quindi, l’essere stato pattuito un canone eccedente quello legale: continuò ad essere una circostanza integrante un patto contrario alla legge n. 392 del 1978 e come tale denunciabile con l’azione di determinazione del canone legale, tendente a rivendicare la sostituzione di quest’ultimo al canone convenzionale e, se del caso, a ripetere le somme pagate in eccedenza”. Peraltro “intervenuta la tacita rinnovazione – in specie alla data del 15.08.2002 – il contratto, essendosi verificata tacita rinnovazione, ai sensi dell’art. 2, comma 6, della l. n. 431 del 1998 ebbe a ricadere sotto il regime di questa legge quanto alla durata (…) cioè per un quadriennio più un altro quadriennio” e tuttavia, “poiché la ricaduta sotto il regime della l. n. 431 del 1998, disposta dall’art. 2, comma 6, concerne soltanto la durata del contratto, secondo l’effetto ricollegabile alla tacita rinnovazione come individuato dalla norma generale del codice civile, di cui al secondo comma dell’art. 1597 c.c., il contratto ebbe a rinnovarsi de facto quoad canone alle stesse condizioni che lo regolavano prima e, quindi, con canone già ultralegale ai sensi dell’art. 79 della l. n. 392 del 1978″.

Peraltro, anche nel successivo sviluppo del rapporto, “la vigenza, per effetto dell’ultrattività disposta dal comma 5 dell’art. 14, dell’art. 79 e delle stesse disposizioni relative al canone legale comportò che fino a quando cessò l’essere in corso di tali contratti, o per il decorso del relativo periodo di durata secondo il loro regime e la cessazione del contratto, o per essere finito il periodo di durata appunto in corso all’entrata in vigore della legge ed esserne succeduto un altro, il canone convenzionale di tali contratti fissato in misura ultralegale e, quindi, anche quello del contratto per cui è causa, continuò ad essere soggetto alla norma dell’art. 79, primo e secondo comma”, risultando perciò infondata la difesa pure svolta dall’odierna parte resistente per cui, per effetto dell’intervenuta abrogazione del disposto normativo ex art. 79 in forza del dettato ex art. 14, comma IV, della legge n. 431/98, decorso ormai un decennio dall’intervenuta abrogazione, il diritto alla ripetizione di canoni versati in eccesso rispetto all’equo canone dovuto, dovrebbe ritenersi perciò solo prescritto. Ed infatti, “allorché viene abrogata con gli effetti di cui all’art. 11, preleggi, una norma dispositiva della nullità di clausole convenzionali contrarie ad una norma e, quindi, attraverso l’art. 1339 c.c., della sua sostituzione con le previsioni legali, l’abrogazione comporta soltanto che a far tempo da essa una pattuizione possa avere corso senza che si debba rispettare la norma abrogata, ma non l’elisione della nullità delle pattuizioni pregresse e, pertanto, in presenza di un contratto di durata, in difetto di una previsione di retroattività dell’abrogazione o di altra norma che intervenga sull’azione diretta a far valere la nullità della pattuizione fin dall’inizio del contratto escludendola o limitandola, l’azione tendente ad evidenziare la nullità della pattuizione pregressa, in quanto sorta fin dalla conclusione della pattuizione e sotto l’impero della norma abrogata resta possibile, perché il suo esercizio si fonda sulla vigenza della norma prima dell’abrogazione e non risente di quest’ultima, in difetto appunto di una disposizione che ne disponga la retroattività o intervenga sull’azione come tale”. E, dunque, laddove la parte locatrice abbia omesso – come in specie – di esercitare tempestivamente la facoltà di porre fine al rapporto, intimando disdetta come liberamente consentita ex art. 3 della legge n. 392/78 sino alla prima scadenza del rapporto successiva all’entrata in vigore della nuova normativa ex lege n. 431/98 (v. Cass. civ. Sez. III, 24.08.2007 n. 17995), il rapporto deve ritenersi quindi rinnovato, in applicazione del dettato ex art. 2, u.c., di detta legge con le modalità di cui all’art. 2, comma I, ma resta comunque soggetto al regime vincolistico ex lege n. 392/78 in forza del dettato generale ex art. 14, comma V, della stessa legge. Ed infatti “in ipotesi di pendenza alla data di entrata in vigore della l. n. 431 del 1998 di un contratto di locazione ad uso abitativo con canone convenzionale ultralegale rispetto a quello previsto dagli artt. 12 e ss. della l. n. 392 del 1978, qualora sia intervenuta la sua rinnovazione tacita ai sensi dell’art. 2, comma 6, della stessa legge n. 431 del 1998, il conduttore, nonostante l’abrogazione dell’art. 79 della l. n. 392 del 1978 verificatasi per effetto della cessazione della sua ultrattività fino al momento della rinnovazione per il periodo in corso, cui allude l’art. 14, comma 5, della l. n. 431 del 1998, può esercitare l’azione ai sensi del detto art. 79 diretta a rivendicare l’applicazione fin dall’origine al contratto del canone legale e la sostituzione imperativa di esso al canone convenzionale. Tale sostituzione, ove l’azione sia accolta, dispiega i suoi effetti anche con riferimento al periodo successivo alla rinnovazione tacita avvenuta nella vigenza della l. n. 431 del 1998″ (Cass. civ. Sez. III, 5.06.2009 n. 12996).

Secondo la lettura accolta, dunque, nella disamina delle due norme transitorie innanzi richiamate “l’art. 14, V comma, riveste una valenza di carattere generale, stante l’assenza di riferimento ad uno specifico istituto”, sicché, “avuto riguardo ai principi generali in tema di applicazione della lex specialis, si deve assumere che l’art. 2, sesto comma legge citata costituisca una deroga alla regola dettata dall’art. 14 quinto comma in tema di disciplina transitoria valevole per i rapporti in corso. Trattasi in altri termini di una norma transitoria a carattere speciale e in quanto tale prevalente sulla disposizione di carattere generale” (App. Torino n. 962/04; Trib. Torino 21.02.2006).

La norma ex art. 79 della legge n. 392/78, per effetto della sua prevista ultrattività, opera del resto in specie nel suo dettato originale integrale, sicché “il conduttore con azione proponibile fino a sei mesi dopo la riconsegna dell’immobile locato, può ripetere le somme sotto qualsiasi forma corrisposte in violazione dei divieti e dei limiti previsti dalla presente legge”. L’azione attorea, come promossa ex art. 79 della legge n. 392 del 1978 risulta perciò tempestiva ed in specie sicuramente fondata.

Pure a fronte della ritenuta tempestività e fondatezza della domanda giudiziale di cui si conosce ex art. 79 della legge n. 392/78, assume peraltro l’odierna parte resistente che il canone originariamente pattuito tra le parti nella misura di Lire 900.000 mensili fosse relativo ad immobile concesso in locazione ammobiliato ed inoltre comprensivo di un rimborso forfettario delle spese locative, riscaldamento compreso. Al riguardo, tuttavia, la prova orale assunta nel giudizio non ha consentito in alcun modo di dare un riscontro probatorio adeguato, giacché entrambi i testi escussi hanno di fatto ammesso di non avere conoscenza diretta delle pattuizioni intercorse tra le parti e di poter unicamente riferire quanto appreso dalla sig.ra Bo., originaria locatrice. La stessa indicazione relativa al carattere di alloggio ammobiliato dell’immobile locato contenuta nella denuncia di contratto verbale di locazione redatta a fini fiscali e sottoscritta dalla sola locatrice non può del resto costituire, all’evidenza, riscontro probatorio utile, laddove, da un lato, la ricorrente ha prodotto in atti documentazione dell’ordine di acquisto di arredi effettuato nell’agosto del 1994 e quindi integrato nel 1997, dall’altro l’odierna parte resistente ha invece omesso di dar prova alcuna della proprietà degli arredi contenuti nell’immobile locato.

Più complessa disamina merita peraltro l’assunto difensivo relativo all’inclusione nel canone pattuito tra le parti di una quota forfettaria di rimborso delle spese accessorie relative all’immobile concesso in locazione. La documentazione prodotta dalla parte ricorrente in ordine agli importi corrisposti alla locatrice offre, infatti, al riguardo elementi contraddittori laddove, a fronte di talune ricevute unicamente relative, per i mesi di ottobre e novembre 1994, a spese e riscaldamento relative all’alloggio locato, risulta quindi una ricevuta di pagamento dell’importo di Euro 516,00 per il mese di ottobre 2003 pari all’importo del canone allora convenuto, con l’equivoca causale “affitto compreso spese” parimenti riportata nelle ricevute di pagamento di Euro 516,00 per novembre 2003, Euro 516,46 per i mesi di settembre e ottobre 2004, ed infine una ricevuta di pagamento in data 13.06.2003 per un canone di Euro 516,00 per la mensilità di dicembre 2002 da cui viene decurtata la somma di Euro 216,00 per riscaldamento (con altra notazione illeggibile). La parte resistente ha peraltro deferito per due volte giuramento decisorio alla controparte in merito al supposto rimborso di spese di riscaldamento, ascensore ed altre accessorie all’immobile locato, dapprima assumendo genericamente che l’importo versato mensilmente dalla conduttrice fosse comprensivo di detto rimborso (v. giuramento deferito con atto datato 5.04.2011), quindi precisando che detto rimborso fosse pari al 40% dell’importo mensilmente versato (v. giuramento deferito con atto datato 20.04.2011). Il giuramento è stato peraltro già ritenuto inammissibile in corso di causa con valutazione che non può che ribadirsi infine in sede di decisione, laddove, nel contesto della comparsa di costituzione, la parte resistente ha genericamente assunto che il canone convenuto fra le parti fosse comprensivo di rimborso forfetizzato delle spese locative e di riscaldamento – non consentendo così alla controparte una puntuale difesa in merito – e l’oggetto specifico del giuramento come dapprima deferito risulta in effetti del tutto generico, non consentendo alcuna determinazione della quota da imputarsi a canone e dell’importo riferibile alle spese nel contesto delle somme versate dalla conduttrice, e come da ultimo precisato risulta parimenti generico e finanche inverosimile nel suo contenuto assertivo a fronte di versamenti per importi non arrotondati e comprensivi di cifre centesimali e di rimborsi da quantificarsi forfettariamente nel 40% non già del canone locativo – di cui si ignora l’ammontare specifico allegato -, ma degli importi così frazionati versati. A fronte dell’assoluta mancanza di alcun riscontro documentale all’assunto difensivo considerato, risultando palesemente irrilevante la documentazione pure prodotta dalla parte resistente in relazione a spese di forniture elettriche, gasolio, manutenzione ascensore e impianto di riscaldamento relative al complesso immobiliare in cui è inserito l’alloggio concesso il locazione all’odierna attrice, neppure si ravvisa in specie l’opportunità, pure evidenziata invece dalla difesa della parte resistente, di ammissione di un giuramento suppletorio sulle circostanze considerate.

Consegue, dunque, che gli interi importi corrisposti dalla parte conduttrice a titolo di canone locativo debbono come tali considerarsi ai fini della valutazione in merito della domanda di rimborso ex art. 79 della l. n. 392778 di cui si conosce. Accertato, dunque, l’equo canone applicabile alla locazione tra le parti come determinato in sede di C.T.U., venendo all’accertamento delle somme concretamente corrisposte dalla ricorrente alla parte locatrice quale canone di locazione sino al momento del rilascio dell’immobile – maggio 2010 – il Tribunale rileva, a fronte della documentazione prodotta dalla ricorrente, ampiamente lacunosa per le annualità più risalenti del rapporto, che la stessa parte locatrice, nel promuovere domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto per inadempimento della conduttrice ha lamentato il mancato pagamento di canoni per complessivi Euro 7.740,00 sino all’ottobre del 2009, sicché, in mancanza di documentazione sufficiente in contrario, ben può ritenersi che la sig.ra Gi. abbia corrisposto integralmente il canone convenuto nella misura di Lire 900.00 al mese, che risulta quindi elevato a Lire 1.000.000. Tale aumento risulta per la prima volta documentato, in relazione alla documentazione versta in atti, per la rata di marzo 1999, sicché sembra potersi ragionevolmente presumere che il canone sia stato in effetti così adeguato – come allegato dalla parte ricorrente in riferimento ai conteggi prodotti all’udienza dell’1.06.2011 – con decorrenza da gennaio 1999 e sino al termine della locazione, salvo adeguamento del dovuto in valuta corrente a fronte dell’introduzione del corso dell’euro dall’anno 2002.

Può ritenersi dunque ragionevolmente provato, anche in base alle allegazioni delle parti, che la ricorrente abbia corrisposto quale canone per la locazione di cui si controverte i seguenti importi:

Lire 900.000 mensili dall’agosto 1994 al dicembre 1998 e quindi Lire 1.000.000 ovvero Euro 516,46 dal gennaio 1999 sino a luglio 2009, con un debito maturato per importi così pattuiti e non corrisposti sino all’ottobre 2009 – come da allegazioni della controparte – pari ad Euro 7.740,00. Risulta dunque aver pagato:

- Lire 900.000 53 mensilità dall’agosto 1994 al dicembre 1998 = Lire 47.700.000 = Euro 24.634,99

- Lire 1.000.000 127 mensilità da gennaio 1999 a luglio 2009 = Lire 127.000.000 = Euro 65.590,03

- Euro (7.740,000 (credito vantato dalla controparte all’ottobre 2009) -1.549,38 (mensilità non corrisposte per i mesi di agosto, settembre, ottobre 2009) = Euro 6.190,62

Per un importo totale pagato pari ad Euro 84.034,40

Risulta peraltro dalla C.T.U. esperita in causa che ella avrebbe dovuto corrispondere a titolo di equo canone per l’immobile condotto in locazione dall’agosto 1994 all maggio 2010 l’importo complessivo di:

- Euro 751,77 per cinque mesi di locazione nell’anno 1994

- Euro 1.820,67 per l’anno 1995;

- Euro 1.873,92 per l’anno 1996;

- Euro 1.893,60 per l’anno 1997;

- Euro 1.919,16 per l’anno 1998;

- Euro 1.940,75 per l’anno 1999;

- Euro 1.980,05 per l’anno 2000;

- Euro 2.023,12 per l’anno 2001;

- Euro 2.058,02 per l’anno 2002;

- Euro 2.093,52 per l’anno 2003;

- Euro 2,128,06 per l’anno 2004;

- Euro 2.153,60 per l’anno 2005;

- Euro 2.187,52 per l’anno 2006;

- Euro 2.213,77 per l’anno 2007;

- Euro 2.276,86 per l’anno 2008;

- Euro 2.283,69 per l’anno 2009;

- Euro 1.921,63 per cinque mesi di locazione nell’anno 2010

Per un totale dovuto pari ad Euro 33.519,71.

La ricorrente risulta perciò creditrice nei confronti della controparte di un importo complessivamente pari ad Euro (88.034,00 – 33.519,71) = Euro 50.514,69 per canoni di locazione corrisposti in misura eccedente l’equo canone dovuto per l’intera durata effettiva del rapporto, oltre interessi moratori al saggio legale dall’1.06.2010 al saldo.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza della parte resistente e si liquidano come da dispositivo, avuto riguardo alla natura, all’oggetto ed alla complessità della controversia, secondo valori medi della tariffa forense in vigore in relazione allo scaglione di valore di riferimento.

P.Q.M.

Il Tribunale

Definitivamente pronunciando, nel contraddittorio delle parti in giudizio, respinta e disattesa ogni ulteriore e diversa istanza, eccezione e deduzione, così statuisce:

1. Accertato che il contratto di locazione in essere tra le parti in relazione all’immobile sito in Chatillon, Rue (…), è assoggettato alla disciplina ex lege n. 392/78 per l’intera durata del rapporto, dall’agosto 1994 al maggio 2010, previa declaratoria della nullità della clausola contrattuale relative alla determinazione del canone di locazione in misura eccedente l’equo canone, quale risultante da denuncia di contratto verbale effettuata in data 2.09.1994, determina il canone annuo di locazione in specie applicabile al rapporto nella misura di:

- Euro 1.804,24 per l’anno 1994, in specie dovuto per cinque mesi dal 16.08.1994 al 31.12.1994;

- Euro 1.820,67 per l’anno 1995;

- Euro 1.873,92 per l’anno 1996;

- Euro 1.893,60 per l’anno 1997;

- Euro 1.919,16 per l’anno 1998;

- Euro 1.940,75 per l’anno 1999;

- Euro 1.980,05 per l’anno 2000;

- Euro 2.023,12 per l’anno 2001;

- Euro 2.058,02 per l’anno 2002;

- Euro 2.093,52 per l’anno 2003;

- Euro 2,128,06 per l’anno 2004;

- Euro 2.153,60 per l’anno 2005;

- Euro 2.187,52 per l’anno 2006;

- Euro 2.213,77 per l’anno 2007;

- Euro 2.276,86 per l’anno 2008;

- Euro 2.283,69 per l’anno 2009;

- Euro 2.305,95 per l’anno 2010, da computarsi per cinque mesi il periodo 1.01.2010 – 31.05.2010 sino al rilascio dell’immobile;

2. Accertato che la odierna ricorrente ha corrisposto alla controparte nell’intero corso del rapporto di locazione in oggetto la somma complessiva di Euro 84.034,40 a fronte di canoni complessivamente dovuti ex lege n. 392/78 per un importo di Euro 33.519,71, condanna i convenuti, in solido fra loro, alla restituzione in favore dell’odierna ricorrente della somma complessiva di Euro 50.514,69 per canoni di locazione corrisposti in misura eccedente l’equo canone dovuto per l’intera durata effettiva del rapporto, oltre interessi) moratori al saggio legale dall’1.06.2010 al saldo;

3. Condanna altresì i convenuti, in solido fra loro, al pagamento in favore dell’odierna ricorrente delle spese del procedimento, che liquida in complessivi Euro 5.675,70, di cui Euro 1.580,00 per diritti, Euro 3.800,00 per onorari, Euro 295,70 per spese, oltre IVA, CPA e rimborso forfettario delle spese come per legge;

4. Dichiara la presente sentenza esecutiva ex lege.

Così deciso in Aosta l’1 giugno 2011.

Depositata in Cancelleria il 6 giugno 2011.

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